A tutti sarà capitato, più di una volta, di non essere puntuali ad un appuntamento,di rimandare un impegno, di ritardare una decisione, o di temporeggiare.

Quando però questo modo di fare diventa quotidiano, quando la scelta è sempre rimandata e la nostra agenda si riempie di “farò”, “andrò” e “chiamerò”, allora si può verosimilmente parlare di un problema di procrastinazione.

Possiamo definire gli atteggiamenti di procrastinazione come “la tendenza a rispondere alle situazioni con una dilatazione del tempo di azione che gioca un ruolo essenziale nell’economia dei fatti” [E.Pedrazzoli].

Il procrastinatore agisce con ritardo, all’ultimo momento, dopo la scadenza, o nella peggiore delle ipotesi non entra proprio in azione. Esistono diverse tipologie di procrastinatore:
– il perfezionista, che non agisce perché aspetta la certezza totale della correttezza del suo agire;

– l’iper-responsabile, che non osa fare per paura di sbagliare e danneggiare qualcuno;
– il timoroso del fallimento, che non fa per non sbagliare;

– il timoroso del successo, che rimanda per paura di non riuscire a gestire il successo e l’ansia;
– l’autonomo, che non rispetta tempi e scadenze perché non vuole sentirsi debole accettando le regole;

– l’interpersonale, che non agisce perché aspetta siano gli altri a farlo al posto suo;
– il disorganizzato, che arriva tardi perché non riesce a organizzare azioni, tempi e sequenze volte all’obiettivo.

Un problema di procrastinazione può comportare difficoltà nella vita quotidiana: lavoro, esami, amici e impegni vari non aspettano noi! Il pericolo concreto è che, su questo problema che non riusciamo a gestire, si inneschi anche un disturbo depressivo.

I motivi che stanno alla base di questa modalità di non-azione possono essere individuati in problematiche legate all’ansia (piuttosto che decidere, e tollerare incertezze, pericoli ed errori, non decido), ad un funzionamento ossessivo (non scelgo perché ho bisogno della certezza), alla depressione (fare quella cosa mi costa fatica mentale, non ne ho le forze) ma anche ad un ambiente che richiede prestazioni troppo elevate o eccellenti, al timore di perdere l’immagine sociale, di deludere o fallire. Il procrastinatore aspetta che dall’esterno arrivino le condizioni perfette per agire.

Cosa può limitare la tendenza a rimandare? Le scadenze esterne, che grazie al senso del dovere ci cotringono all’azione; le scadenze interne (ovvero il benessere e la “liberazione” che proverei facendo quella cosa che rimando da mesi) hanno invece poco interesse per il procrastinatore, perché prevale il malessere legato all’ansia.

E per risolvere la procrastinazione? E’ necessario compiere lo sforzo di iniziare ad agire, magari partendo dagli impegni che ci costano meno fatica: solo l’evidenza del fatto che si sopravvive all’ansia che l’azione genera, che eventuali errori sono rimediabili, e che si è in grado di tollerare l’incertezza degli esiti e le forti emozioni ad essi collegate, può davvero essere d’aiuto. Si tratta di fare, con consapevolezza, il primo passo!

Provate a controllare la vostra agenda: se sono mesi che spostate quell’appuntamento, che rimandate quell’esame, che arrivate tardi per quella presentazione…fermatevi e cercate di capire cosa provate ogni volta che rimandate e cosa pensate di voi stessi quando questo succede.

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