Cos’è il Problem Solving

Il “problem solving” è il procedimento che normalmente utilizziamo in modo più o meno automatico per la risoluzione dei problemi quotidiani.

Può diventare uno strumento clinico il problem solving?

Il problem solving è divenuto un metodo usato in psicoterapia in questo modo:

  1. Il processo mentale utilizzato automaticamente è stato esplicitato e formalizzato;
  2. È stato suddiviso in diversi step;
  3. Viene utilizzato in psicoterapia per insegnare al paziente ad usarlo consapevolmente e quindi a divenire autonomo nella risoluzione delle problematiche psicologiche.

Definizione di “Problema”

Significato di Problema: ogni ordine di difficoltà, la cui soluzione incerta implica la possibilità di un’alternativa.

La struttura del Problem Solving

Ecco le diverse fasi del processo:

Accorgersi che c’è un problema

Sembra ovvio, ma in realtà il primo passo della psicoterapia è già una ristrutturazione cognitiva, il cui obiettivo è vedere la sofferenza psichica come problema.

Questa è un’operazione funzionale all’impostazione di un percorso psicoterapeutico, perché per definizione, un problema può essere risolto.

Stabilire in che cosa consiste il problema

Per poter impostare una psicoterapia, è necessario che il problema sia identificato con l’incapacità a gestire proprie emozioni; quindi, è importante che avvenga un’internalizzazione del proprio locus of control. Attribuzioni esterne rendono il problema insolubile nel contesto psicoterapico.

Decidere un obiettivo

Spessissimo capita che il paziente non si rivolga al terapeuta per un problema specifico, ma solitamente si tratta di un insieme di situazioni problematiche, che possono ricondursi a nuclei disfunzionali (ad es. credenze negative su di sé). Per decidere un obiettivo, occorre prima focalizzarsi sulla situazione problematica che il paziente avverte come più disturbante e conseguentemente definire un obiettivo specifico.

Pensare alle soluzioni possibili

La ricerca delle possibili soluzioni è il momento più creativo del percorso e anche quello più “cognitivo”, perché si apre la porta a tutte le alternative che possono essere pensate in quel momento da quel paziente. Anche le più fantasiose non vengono trascurate. Se il problema presentato è complesso, le varie soluzioni assumeranno a loro volta il significato di “step” per avvicinarsi progressivamente all’obiettivo.

Pensare alle conseguenze di ciascuna soluzione

È un passaggio utilissimo per rendersi consapevoli dei processi mentali che portano il paziente a tentare di risolvere il problema in modo disfunzionale e questo gli crea nuova sofferenza. Ad esempio, negli agiti impulsivi, vengono messe in atto azioni in modo automatico, che non risolvono il problema ma anzi lo peggiorano.

In questo passaggio del metodo, il paziente impara a rappresentarsi la messa in atto della soluzione ed il rapporto causa-effetto con quello che avviene dopo, prima di agire e di subire la conseguenza della propria azione.

Scegliere la soluzione migliore (la più funzionale per il paziente)

Il criterio di funzionalità utilizzato è lo stesso che ci ha portato a identificare il problema e l’obiettivo: se ad es. il problema si identifica con un’emozione di tristezza dovuta ad una condotta di evitamento e l’obiettivo è quello di non evitare più, le soluzioni che mi portano più vicino all’obiettivo sono naturalmente le migliori.

Architettare un piano per attuare la soluzione

In realtà questa fase riassume tutte le altre in un certo senso, perché la funzione principale di questa tecnica è quella di abituare il paziente a pensare in modo strategico e non rimuginativo. Questo è possibile nel momento in cui viene interiorizzato attraverso l’apprendimento un modello che permetta al paziente di concatenare i pensieri in modo funzionale al raggiungimento di un obiettivo.

Da un punto di vista figurativo, la rappresentazione del pensiero strategico è quella di un percorso a tappe con un andamento lineare che porta verso un obiettivo prestabilito, qualcosa di nuovo, verso la quale sono catalizzate le energie. Per contro, la rappresentazione del rimuginio è quella di un nucleo di sofferenza irrisolta intorno al quale ruotano a circolo i pensieri, in una sorta di copione nel quale si torna sempre sui propri passi, con grande dispendio di energia.

ARTICOLO SCRITTO DA

Dott.ssa Federica Ferrari Psicologa e Psicoterapeuta

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