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Fin da piccoli, la maggior parte di noi impara che spesso per ottenere l’approvazione altrui è necessario soddisfare certi standard di comportamento, ossia il perfezionismo. Oltre a tali pressioni esterne, a volte percepiamo anche un forte impulso interiore a raggiungere o mantenere determinati livelli di rendimento. In effetti, nella società in cui viviamo, veniamo spesso esortati a potenziare le nostre prestazioni al fine di ottenere risultati sempre migliori. Il perfezionismo può dominare in aree importanti per l’individuo come il lavoro, la scuola, le relazioni sociali o la cura del proprio aspetto fisico.

Quando di parla di perfezionismo?

Ma quando si può parlare di perfezionismo e quando invece di un sano desiderio di migliorarsi funzionale al raggiungimento di importanti obiettivi di vita?

Per rispondere a questa domanda, vediamo che cosa si intende per perfezionismo. Shafran e colleghi hanno definito il perfezionismo clinico come “un’eccessiva dipendenza della valutazione di sé dal raggiungimento di standard personali esigenti e autoimposti in almeno un dominio altamente saliente nonostante le conseguenze avverse”.

Le persone perfezionista quindi valutano sé stesse in uno o pochi domini di vita, marginalizzano le altre aree, condizionano gli interessi al solo raggiungimento di uno standard esigente solitamente autoimposto (che diventa unica base per un’autovalutazione funzionale, stabile e articolata). Dall’altra parte, il perfezionismo comporta anche costi e conseguenze negative come depressione, ansia, isolamento, limitazione delle attività piacevoli, insonnia, stanchezza, tensione muscolare, scarsa concentrazione, rimuginii, aumento delle critiche su di sé, bassa autostima, ecc.

Il perfezionismo e la valutazione del sè

Riassumendo gli aspetti salienti, abbiamo da una parte il porsi degli standard elevati a cui è difficile rinunciare anche quando portano ad una qualità di vita scadente, dall’altra associare la propria valutazione di sé in relazione al raggiungimento di tali standard senza prendere in considerazione le conseguenze avverse. Il “perfezionismo clinico” va quindi distinto dal “perfezionismo sano”, che spinge gli individui a una sana ricerca di eccellere in quanto funzionale al miglioramento della qualità della vita, in cui a guidare l’azione sono entusiasmo e piacere nel provarci e in cui gli errori non vengono interpretati come difetto personale ma come spunto per imparare e migliorare.

Cause del perfezionismo

Le cause del perfezionismo non sono note, comunque sembra ci sia una combinazione di predisposizione genetica e di fattori di rischio ambientali. Tra questi ultimi, ad esempio, subire critiche o punizioni di genitori eccessivamente esigenti possono far credere di dover soddisfare certi standard per piacere agli altri; non ricevere approvazioni o riceverle in modo incoerente o condizionante potrebbe far sviluppare la credenza di dover fare bene le cose per essere così sempre amati; ricevere rinforzi positivi per la prestazione svilupperebbe la convinzione che per avere una buona valutazione di sé sia necessario perseguire e raggiungere standard esigenti. Anche avere genitori perfezionisti, inoltre, porterebbe la persona a sviluppare un comportamento appreso per imitazione.

Il perfezionismo e i risvolti clinici

Quanto più le convinzioni della persona sono rigide e impossibili da mettere in discussione, tanto più è alta la probabilità che queste possano essere fonte di disagio. Gli alti standard, le aspettative irrealistiche, la paura di sbagliare, il timore del giudizio, l’eccessiva valutazione delle aspettative altrui e la sfiducia nelle proprie capacità e qualità creano infatti una vulnerabilità personale che predispone a forme psicopatologiche.

Il perfezionismo patologico, ad esempio, può essere alla base di diversi disturbi come ansia sociale o ansia generalizzata, disturbi depressivi, vissuti di rabbia e aggressività, disturbi del sonno, difficoltà relazionali, ossessioni e compulsioni, comportamenti alimentari disfunzionali. Può anche essere considerato un tratto di personalità che gioca un ruolo fondamentale in certi disturbi di personalità.

In particolare, nel disturbo ossessivo-compulsivo di personalità, sono particolarmente evidenti i tratti perfezionistici legati alla paura di sbagliare ed essere giudicati negativamente. È infatti contraddistinto da elevati standard di prestazione con conseguente disagio e compromissione del funzionamento nelle aree sociali e lavorative. Tratti tipici sono l’attenzione per i dettagli, il controllo ossessivo degli errori e l’autocritica verso se stessi. Un perfezionismo che si riflette nella vita relazionale e professionale e che si accompagna a preoccupazioni relative all’ordine, all’organizzazione, alle regole, al controllo mentale e interpersonale, ai compiti e alla produttività. Il perfezionismo nella personalità ossessivo-compulsiva è la strategia scelta per proteggere l’autostima e l’insicurezza di un sé che non crede nelle proprie capacità.

Altri disturbi legati al perfezionismo

Anche altri disturbi di personalità possono presentare livelli molto alti di perfezionismo. Nel disturbo narcisistico, ad esempio, il perfezionismo a volte viene utilizzato al fine di mostrarsi agli altri come grandiosi e invulnerabili (belli, perfetti, fascinosi, potenti, unici e di successo), per ottenerne l’ammirazione. L’autostima del narcisista in questi casi si alimenta dell’approvazione altrui e delle persone di cui si circonda affinché persone potenti e di successo li riconoscano come individui socialmente rispettabili e invidiabili. Anche il perfezionismo narcisistico comporta il timore del giudizio altrui, e l’eventuale critica crea ferite “narcisistiche” insopportabili.

Vincere il perfezionismo

Che cosa succede quando si fallisce nel raggiungere tali obiettivi? Il rischio è proprio il crollo dell’intero sistema di autovalutazione e lo sviluppo di una valutazione negativa di sé. Per questo è importante flessibilizzare tale meccanismo.

Per superare il perfezionismo clinico è necessario affrontare e interrompere i processi implicati nel suo mantenimento: l’eccessiva importanza attribuita all’inseguimento e al raggiungimento di standard personali esigenti e autoimposti è mantenuta e rinforzata infatti anche da numerosi processi cognitivi e comportamentali presenti in numero e modo diversi.

Tali processi comprendono la marginalizzazione di altre aree importanti della vita; il check della prestazione associato all’attenzione selettiva agli errori (controllare, ripetere, correggere ripetutamente un compito; chiedere frequentemente rassicurazione; difficoltà a delegare). Il check di confronto con prestazione altrui; i comportamenti controproducenti (fare liste dettagliate; organizzare dettagliatamente un lavoro; voler fare troppe cose o farle di fretta); l’evitamento della prestazione; la procrastinazione; il raggiungimento degli standard e il loro successivo progressivo e continuo innalzamento; la ricerca dell’apprezzamento da parte della società come rinforzo positivo esterno.

Il perfezionismo e lo schema di valutazione

Un passo fondamentale per gestire il perfezionismo è sviluppare uno schema di valutazione di sé più funzionale. Questo è possibile riducendo l’importanza attribuita al raggiungimento degli standard elevati rispetto ad un unico o pochi domini di vita ed aumentando di conseguenza l’importanza di altre aree di autovalutazione. Può ad esempio essere utile identificare nuove attività che aiutino a sviluppare una buona considerazione di sé e stabilire dei ritmi di lavoro più adeguati per facilitare il raggiungimento dell’obiettivo.

Contemporaneamente alla promozione di altre aree di autovalutazione è consigliabile affrontare i check eccessivi della prestazione, i check di confronto e i comportamenti controproducenti, tutti meccanismi molto potenti di mantenimento del perfezionismo. Identificarli, riflettere sulla loro utilità e sulle conseguenze aiuta a far emergere anche gli aspetti negativi e i costi e a permetterne così la progressiva riduzione e interruzione.

Un ulteriore aspetto da affrontare è quello degli evitamenti e della procrastinazione. Identificarli e prenderne consapevolezza permette di esporsi a tali situazioni e raccogliere così informazioni contrarie alla previsione che l’individuo perfezionista ha riguardo l’andamento della prestazione. Questo permette anche di sviluppare un sistema di valutazione di sé più articolato che porti a scoprire sia i propri limiti ma anche le proprie qualità.

Non da ultimo, ci sono poi gli errori di ragionamento che contribuiscono al mantenimento di tali meccanismi. Quelli più comuni messi in atto dalle persone perfezioniste sono il pensiero dicotomico del tipo “tutto o nulla”, l’attenzione selettiva, il doppio standard, predizione negativa/catastrofizzazione e magnificazione/minimizzazione. La strategia della ristrutturazione cognitiva è un ottimo strumento per affrontare tali distorsioni.

Psicoterapeuta Legnano dott.ssa Pamela Ciociola

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Centro di Psicologia InTerapia
Indirizzo: Via Palestro, 9, 20025 Legnano MI
Telefono: 375 568 1922

Bibliografia

  • M. Antony, R. P. Swinson (2018). Nessuno è perfetto. Strategie per superare il perfezionismo. Erickson
  • Camporese, M. Sartirana, R. Dalle Grave (2020). Vincere il perfezionismo. Un programma basato sulla terapia cognitivo comportamentale. Positive Press
  • J. Egan, T. D. Wade, R. Shafran, M.M. Antony (2014). Cognitive-Behavioral Treatment of Perfectionism. Guilford Press
  • J. Egan, T. D. Wade, R. Shafran, M.M. Antony (2011). Perfectionism as a transdiagnostic process: a clinical review. Clinical Psychology Review
  • J. Egan, T. D. Wade, R. Shafran, (2010). Overcoming prefectionism. A self help guide using cognitive behavioral techniques. London: Robinson
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