La noia viene definita come un’esperienza di insoddisfazione, temporanea o duratura, data dall’assenza di azione, dall’ozio. Viene delineata in accezione negativa come uno stato avversivo che si presenta quando non siamo in grado di impegnare in modo efficace la nostra attenzione verso stimoli, interni o esterni, ritenuti ripetitivi o monotoni. La noia è legata a “tempi vuoti” in cui apparentemente non si ha niente da fare e, proprio per questo, l’individuo è portato a considerarla come estranea, nociva e statica. 

La noia ci costringe a un “tempo lento” che contrasta con la nostra abitudine di vivere di corsa. Per sua natura è caratterizzata da un’attivazione fisiologica del nostro organismo: bassa attivazione esita in un rallentamento fisiologico che può sfociare anche nel sonno, alta attivazione, invece, può portare ad uno stato di nervosa agitazione.

Ma la noia è una condizione naturale e salutare e i “tempi vuoti” sono necessari per dare senso a quel che facciamo. La noia è uno stato emotivo e, quando percepita e riconosciuta, ci sta dicendo che quello che si sta facendo – o non facendo – in quel momento non funziona per noi. Ha una funzione positiva ed è utile anche perché, se gestita adeguatamente, attiva le capacità esplorative e la creatività, facilita l’entusiasmo e l’attenzione verso nuovi stimoli, permettendo a chi la sperimenta di mettersi in gioco, trovare delle proprie strategie e scoprire quali attività piacciono davvero.

La noia per i bambini.

Nonostante la frenesia dei tempi in cui viviamo, a tutti gli adulti capita di annoiarsi e, sicuramente, anche a tutti i bambiniin qualche momento della loro crescita. 

Nei bambini la noia può manifestarsi in diverse forme, come ad esempio l’incapacità di trovare attività coinvolgenti, la ricerca continua di nuovi stimoli o la frustrazione dovuta alla mancanza di sfide e, quando si ritrovano ad affrontare “tempi vuoti”, capita che vivano momenti di disorientamento e ricerchino risposte dai grandi: “E adesso cosa faccio? Mi annoio.” 

La noia è percepita come una condizione spesso intollerabile non tanto dai piccoli quanto dai genitori, vissuta perciò come un problema da risolvere il prima possibile. 

Difatti, l’errore più comune commesso dall’adulto che si accorge che il proprio figlio è annoiato, è quello di risolvere il problema proponendo stimoli. Ciò accade poiché l’adulto fafatica ad accettare lo stato di immobilità causato dalla noia. Sarebbe più utile per il bambino, però, che il genitore riuscisse a “stare” nella noia: per i bambini la noia è occasione di crescita, è un attivatore della fantasia. 

Winnicott (pediatra e psicoanalista infantile) evidenziò, a tal proposito, il concetto di “rimanere a maggese”: il maggese, infatti, è un terreno ben arato e fertile, ma lasciato non seminato per un anno intero. Sperimentare la noia, perciò, permette al bambino di imparare a conoscere se stesso e a sentire le proprie emozioni: un bambinoche impara a tollerare la frustrazione e a trovare le sue risposte, attraverso il gioco e la creatività, diventerà un adulto consapevole e capace di risolvere i problemi. 

Saper fronteggiare e gestire la noia è una competenza che aiuta lo sviluppo di altre competenze emotive, quali fiducia in sé stessi, autostima, gestione della frustrazione e della rabbia, sviluppo delle competenze creative, capacità di problem solving.L’area del cervello imputata a questi processi è la corteccia prefrontale, che controlla l’attività cognitiva e, contemporaneamente, gestisce le emozioni. Il pensiero creativo rappresenta una modalità di funzionamento del cervello: non si tratta, come comunemente si pensa, solo di una dote o di un talento particolare, ma anche di una risorsa che tutti possiedono e che necessita di essere coltivata e potenziata per diventare sempre più efficace.

Quando, invece, un bambino è sottoposto ad iperstimolazione (ad esempio con sempre nuovi giochi, videogiochi, smartphone, ecc) il suo cervello non riposa ma, al contrario, richiede di essere continuamente stimolato. Questa condizione abitua i bambini a vivere con un livello piuttosto alto, intenso e costante, di stimolazione esterna che porta alla produzione sostenuta di ormoni come la dopamina e l’adrenalina. 

Per far sì che il “tempo vuoto” diventi propositivo, i bambini hanno bisogno di fermarsi, avere il tempo anche per annoiarsi e cercare un modo creativo per fare qualcosa di nuovo, per scegliere cosa fare, per sperimentare, per fare nuove scoperte, per trovare i giusti tempi e i giusti modi per star bene prima di tutto con se stessi, con gli altri e con l’ambiente che li circonda. 

Come gestire la noia nei bambini.

Anche se la tentazione è quella di fornire immediatamente uno stimolo al bambino annoiato, lasciare che trovi soluzioni in modo autonomo gli permette di allenare la creatività e la pazienza. È importante non prendere il loro posto in questa ricerca e dar loro la possibilità di sbagliare e riprovare, di mettersi alla prova coltivando lo spirito di osservazione, la concentrazione, la manualità, la curiosità, l’inventiva e l’interesse. Il bambino che conquista ciò che desidera con pazienza e dedizione, rafforza la fiducia in se stesso e incrementa la propria autostima. 

Solo in seconda battuta, il genitore può sostenere il bambino nella ricerca della soluzione o coinvolgerlo in attività: ad esempio si possono coinvolgere i bambini in progetti a medio e/o lungo termine, come ad esempio la preparazione di un dolce o la creazione di un giardino, in modo da mantenere vivo il loro interesse per l’attività e trarne gratificazione dal risultato. 

Va sottolineato, inoltre, che queste attività diventano ancora più interessanti e attrattive se vedono coinvolta tutta la famiglia.

Conclusione

In conclusione, affrontare la noia dei bambini richiede un approccio costruttivo e diversificato, attento cioè alle esigenze individuali. 

Qualora il genitore si accorga che il proprio figlio non riesce a gestire la noia, esternando momenti di forte frustrazione, potrebbe essere utile rivolgersi ad uno psicologo al fine di aiutarlo ad imparare a gestire al meglio le proprie emozioni.

Autore

Articolo a cura della dott.ssa Serena Gizzi psicologa e psicoterapeuta presso lo studio di Monza

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