Elisir di lunga vita, pietre filosofali o della resurrezione, scrigni maledetti contenenti il proprio cuore così da renderlo “immortale”… la morte può far molta paura e per quanta luce si possa fare su di essa, è destinata a rimanere un mistero.

A chi non è mai capitato di avere paura di morire?

Vi sono situazioni estreme dove temiamo l’incombere improvviso della morte che come un velo nero avvolge ed oscura tutto il nostro avvenire…può essere spaventoso trovarsi coinvolti in un incidente, dispersi chissà dove senza possibilità immediata di riparo, vittime di attentati o ancora, bersaglio della rabbia cieca di qualcuno; in questi casi ed in altri simili, la paura di morire ha una funzione salvifica, ovvero serve a generare quella reazione che ci porta ad agire il tutto e per tutto per metterci in salvo. 

Ma non sempre la paura di morire è così giustificata. 

Negli studi dove si pratica psicoterapia non è raro interfacciarsi con persone che temono terribilmente la morte, pur riconoscendo di non vivere specifiche condizioni di rischio. E’ in questo caso che parliamo di “tanatofobia”, letteralmente: paura della morte. Questo termine deriva infatti dal greco thanathos che significa morte, e phobos, che significa paura. 

Chi soffre di tanatofobia ha una morbosa paura della morte e delle manifestazioni ad essa collegata. 

Nelle persone tanatofobiche infatti tutto ciò che riporta, anche lontanamente alla morte, può essere motivo di grande angoscia, terrore, fino a scatenare veri e propri attacchi di panico.

Ma la paura della morte non riguarda solo la nostra era; secondo Epicuro, filosofo greco vissuto nella seconda metà del ‘300, c’era un solo obiettivo adeguato per la filosofia: alleviare la miseria umana causata dall’onnipresente paura della morte. Questa consapevolezza, secondo il Filosofo, non consentiva all’uomo di vivere e godere ogni giorno dei piaceri della vita. 

A distanza di molti secoli, Irvin D. Yalom, psichiatra e psicoterapeuta americano contemporaneo, sostiene che “…anche se la fisicità della morte ci distrugge, l’idea della morte ci salva…” (Il dono della terapia, 2014).

Dunque di morte si pensa, si scrive e si parla… da che c’è vita… ma allora cosa determina la fobia della morte? Perché qualcuno ne soffre e qualcun altro no?

Chi ha paura della Morte?

Come già sottolineato, la paura della morte è normale e non patologica finchè non diviene causa di compromissione della vita quotidiana e generatrice di pensieri intrusivi che vanno a peggiorare drasticamente la qualità di vita dell’individuo.

La tanatofobia è un disturbo che affonda le sue radici nella pre-adolescenza, quando il bambino, nel suo processo di crescita  e sviluppo, inizia ad acquisire consapevolezza sui propri limiti, quando comincia ad essere pensabile il concetto di morte, che riguarda tutti, nessuno escluso.

Crescendo, secondo Charmet “…gli adolescenti si sentono in obbligo di essere audaci e coraggiosi per segnalare la differenza con la paura provata dai bambini e con la prudenza degli adulti, quindi c’è tutta una fase della vita in cui bisogna dare prove di coraggio, sfidare la morte. Apparentemente l’adolescente sfida la morte perché si sente immortale: in realtà è proprio perchè ha scoperto di essere mortale che ha bisogno di dimostrare di essere immortale.” (La Parola e la Cura, conversazione con Gustavo Pietropolli Charmet, 2009).

Anche se ogni caso è a se stante, lo sviluppo della tanatofobia è dunque causato da un evento imprevisto e imprevedibile che compromette il naturale processo attraverso il quale si entra in contatto con la morte. Spesso questo evento può coincidere con un’esperienza di morte traumatica, con la perdita di un nostro caro, con una morte improvvisa e inspiegabile. 

Chiunque può soffrire di questa fobia, a prescindere dal genere, dall’istruzione o dallo stato sociale.

Come si manifesta la tanatofobia?

La tanatofobia è un disturbo d’ansia categorizzato dal DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) come una patologia dello spettro ansioso.

Il DSM-5 classifica le fobie in tre gruppi: specifica, sociale e agorafobia.

La fobia della morte è una fobia specifica e si può manifestare con i seguenti sintomi:

  • Altre fobie specifiche (es. stare in luoghi affollati, volare, guidare…)
  • Attacchi di panico: episodi di intensa ansia e paura accompagnati da sudorazione, tremori, nausea, vertigini, tachicardia, paura di perdere il controllo…)
  • Disturbo ossessivo-compulsivo: condizione caratterizzata da pensieri intrusivi e ripetitivi riguardanti la morte o il rischio di morte (ossessioni) che provocano ansia, gestita apparentemente con rituali (compulsioni) volti a neutralizzare tali pensieri.

Sotto questa profonda paura si possono celare un insieme di singole paure specifiche che possono appartenere nello specifico al processo di morte, ad esempio la paura legata al modo in cui moriremo: sarà doloroso?, sarà una morte violenta? Quindi ciò che temiamo follemente è la possibile sofferenza connessa al processo di morte.

Oppure ciò che temiamo riguarda principalmente le conseguenze della nostra morte: siamo consapevoli che pur dinnanzi alla nostra morte il tempo continuerà a scorrere e le persone a vivere, anche i nostri cari, i nostri genitori a volte, altre i nostri partner, o i nostri figli… la nostra morte causerà loro un immenso dolore, un senso profondo di vuoto del quale ci percepiamo colpevoli.

In altri casi, possiamo temere di essere dimenticati da coloro che amiamo.

Chi soffre di tanatofobia può mettere in atto comportamenti disfunzionali per ottenere un apparente senso di sollievo dallo stimolo terrorizzante e ansiogeno, per esempio:

  • Può effettuare controlli medici in maniera compulsiva
  • Può decidere di evitare quelle situazioni che reputa pericolose come ad esempio usare la macchina, prendere un aereo, fare un bagno in mare o semplicemente uscire di casa.

come affrontare la tanatofobia?

Un tempo c’era molta più considerazione per l’esigenza profonda di preparazione alla morte, la cultura offriva spazio e rituali per armonizzare questo bisogno arcaico con i contenuti psichici coscienti.

Secondoo Ariès il valore rituale della morte cominciò a venire meno all’apparire della paura della morte, finchè, gradualmente, si arriva all’età attuale in cui ci si atteggia come se l’uomo non dovesse mai morire (Philippe Ariès, Storia della morte in occidente) ma la paura non è scomparsa, anzi… forse tale condizione rende ancor più ridondante quel senso di smarrimento e vuoto, di panico e terrore dato dall’evento che non puoi fermare, che sopraggiungerà indipendentemente dalla volontà, dalle scelte… LA MORTE.

In caso la morte rappresenti per te un pensiero persistente, intrusivo, capace di creare un disagio significativo nella tua vita quotidiana, ciò che puoi fare è rivolgerti ad un professionista che sappia con te individuare il percorso più adatto alla tua storia e alle tue esigenze.

È importante inoltre ricordarsi di parlare di ciò che temiamo anche con le persone che ci stanno accanto, famigliari e amici. Avere conversazioni che ci aprono al pensiero degli altri sul morire e sulla morte può anche essere un modo per affrontare la paura di morire. Il punto di vista delle altre persone può infatti offrirci stimoli e prospettive nuove, adatte a ridimensionare il nostro vissuto.

Articolo scritto dalla dott.ssa Laura Lamponi psicologa e psicoterapeuta presso la sede di Monza del Centro Interapia. E’ possibile richiedere una consulenza psicologica attraverso la pagina dei contatti.

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