I videogiochi rappresentano sempre più una parte significativa nella vita di molte persone, anche nel nostro Paese. Il fatturato dei videogame in Italia è passato da 900 milioni di euro nel 2014 a 2,2 miliardi di euro nel 2021, coinvolgendo 15,5 milioni di persone, ovvero il 35% della popolazione italiana tra i 6 e i 64 anni di età.

La ricerca scientifica ha da tempo abbandonato di rispondere alla domanda “i videogiochi fanno male?”, evidenziandone i benefici in diversi ambiti e cercando di capire invece quale rapporto esiste tra le caratteristiche del videogioco e gli effetti sulla salute mentale del giocatore.
Ma cosa porta le persone ad interessarsi ad un’attività che per molto tempo è stata ritenuta “infantile”?
Quali sono i risvolti psicologici e relazionali? A livello clinico, quali sono le problematiche annesse?
Il gioco è innanzitutto un momento di svago, di divertimento, ma è anche sempre stato considerato un’attività fondamentale per la crescita cognitiva, motoria e interpersonale in quanto capace di creare una realtà fittizia e una dimensione provvisoria nella quale poter esprimere sé stessi ed il proprio potenziale. Attraverso il gioco si può imparare molto anche grazie ad una modalità di apprendimento di tipo esperienziale, che risulta ancor più efficace nel momento in cui è connotata emotivamente.

Il videogioco è anch’esso un gioco e permette tutto ciò e non solo, dal momento che le realtà fittizie create dai vari software sono ben strutturate e costringono l’individuo ad adattarsi ad un sistema prestabilito, sfruttando le proprie competenze e capacità e dunque sviluppandole.
Talvolta, alcune persone finiscono per rifugiarsi in queste realtà fittizie nelle quali presumibilmente si sentono più efficaci e sicuri, adottando delle vere e proprie forme di evitamento dalla “vita reale”, fino ad arrivare in alcuni casi a parlare di dipendenza, ma rispetto a ciò, come suggerisce lo studioso Mark D. Griffiths, il contesto di partenza di ciascun soggetto è fondamentale.

Inoltre, sempre più i videogiochi e i loro avatar stanno diventando parte integrante nello sviluppo e nella costruzione della propria identità negli adolescenti.
Tuttavia, i videogiochi non si stanno affermando così tanto solo perché usati dai giovani. Sempre più adulti si intrattengono in questo modo. Non a caso i numeri sopra citati dell’industria dei videogiochi si sta avvicinando sempre di più ai numeri di quella cinematografica.

Diventa quindi fondamentale cercare di comprendere e sfruttare tutto il loro potenziale, sia da un punto di vista psicologico, attraverso applicazioni in ambito clinico, sia da un punto di vista sociale ed economico, che potrebbe fornire nuove opportunità di lavoro e soddisfazione personale.

Intervento del Dott. Tiziano Monea
Summit di Psicologia Saronno 2022

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