L’isolamento sociale dovuto allo stato di quarantena al quale tutte le famiglie sono sottoposti pone nuove sfide sul piano educativo e non solo.

I nuclei famigliari che vedono la presenza di figli adolescenti potrebbero trovarsi in queste settimane a fare i conti con le legittime frustrazioni dei propri ragazzi, spesso abituati a frequentare assiduamente il gruppo dei pari non soltanto a scuola, ma anche al di fuori, sia in contesti socializzanti destrutturati come le piazze o i giardini pubblici o qualsiasi area possa diventare luogo di aggregazione, che in ambiti strutturati come gli istituti scolastici appunto o le palestre/centri sportivi in cui vanno ad allenarsi.

Il venir meno di questa dimensione fondamentale, che è anche e forse soprattutto sociale, genera una serie di vissuti emotivi nei ragazzi che vanno dalla noia, alla rabbia, al senso di solitudine, alla tristezza, al senso di vuoto.

Frequentare i propri pari non è solo uno svago per preadolescenti e soprattutto adolescenti, ma una vera e propria esigenza evolutiva perché permette di realizzare gradualmente, attraverso il confronto e l’identificazione con il gruppo di coetanei, la costruzione della propria identità separata da quella dei genitori; al contempo il giovane sperimenta nuove aree di autonomia ed espande a poco a poco la propria capacità di esplorazione del mondo.

Le relazioni con i pari divengono via via sempre più significative e spazio di negoziazione di nuovi significati, comunicati rigorosamente attraverso un linguaggio peculiare, tipico della gioventù, lo slang, un codice linguistico che denota l’appartenenza del ragazzo/a ad un gruppo sociale specifico ed in generale ad una generazione. Notiamo allora come anche l’abbigliamento e lo stile personale in questi anni si vadano definendo sempre di più, espressione del tentativo dell’adolescente di affermare anche visivamente l’appartenenza ad una sub-cultura e comunicare con immediatezza la propria identità personale.

Ai tempi del Coronavirus però, questo processo è come se si fosse sospeso, congelato e la funzione evolutiva e sociale del gioco, dell’esplorazione e della relazione con l’altro è significativamente ridimensionata, al massimo vicariata da qualche lezione didattica online ed una videochiamata ogni tanto con l’amico fidato.

Gli adolescenti più intrepidi allora, pur di vedere il rispettivo fidanzato/a, ricorrono a fugaci appuntamenti al supermercato (sic!), che di certo non colmano il vuoto affettivo ed il desiderio di relazionarsi con l’altro sesso che nei ragazzi più maturi inizia a diventare un’esigenza pressante. Ecco allora che, giocoforza, si assiste ad una triste trasformazione sociale: tutti i ragazzi (e anche gli adulti) assumono a tutti gli effetti le abitudini degli hikikomori, cioè i ritirati sociali privi di contatti reali con il mondo esterno.

Non sappiamo quanto a lungo perdurerà questa situazione di radicale restrizione né le sue conseguenze certe, ma è altamente probabile che anche se dovesse terminare domani e tutti potessimo tornare alle nostre vite così come facevamo prima (situazione per altro impossibile!) comunque lo faremmo non senza conseguenze.

Risulta ora più facilmente comprensibile la ragione per cui i nostri figli, preadolescenti e adolescenti in particolare, sperimentino quotidianamente stati emotivi spiacevoli che spesso esitano in agiti verso gli altri famigliari: scoppi di collera e disforia, o al contrario perdita di energie e voglia di fare, o abuso di videogiochi e cibo, o anche stati d’ansia e preoccupazione per il futuro.

QUALI RISPOSTE POSSONO DARE ALLORA GLI ADULTI IN UN MOMENTO COME QUESTO?

QUALI COMPORTAMENTI ADOTTARE VERSO I RAGAZZI DI FRONTE ALLE LORO INTEMPERANZE O COMPORTAMENTI POCO ADEGUATI?

Sicuramente è necessaria una dose di tolleranza maggiore rispetto al solito, ma è soprattutto importante sforzarsi di cogliere quale possa essere il bisogno frustrato o inibito alla base di quel loro comportamento, provare a verbalizzarlo aiutando così loro stessi a prenderne consapevolezza.

Maggiore consapevolezza significa anche maggior capacità di regolazione emotiva e la possibilità di trovare delle soluzioni alternative alle proprie necessità o desideri.

Sebbene ciò rappresenti già un elemento molto importante, non risulta però sufficiente. Ciò che si dimostra ancora più utile è promuovere in maniera concreta nei ragazzi la socializzazione ed il confronto costruttivo, magari mediato da un adulto e veicolato attraverso attività edificanti, educative e che promuovano anche un miglior benessere emotivo e psicologico.

Per questa ragione noi professionisti del Centro “InTerapia” abbiamo voluto realizzare, in questa situazione di quarantena, delle proposte adatte a tale scopo, che arrivino ai ragazzi parlando con il linguaggio dei ragazzi e ne stimolino le risorse ed il pensiero critico, oltre che la socializzazione e la capacità di cooperare efficacemente, esplorare insieme e risolvere problemi e conflitti, tornando ad incontrarsi ed interagire proficuamente.

Nello specifico proponiamo un’attività di gruppo, ad un prezzo modico, a cui è possibile partecipare tramite semplice videochiamata Skype: il Gioco di Ruolo (GdR).

Il Gioco di Ruolo

La ricerca scientifica ha dimostrato che partecipare ad esperienze terapeutiche gruppali incrementa l’autostima, contiene l’ansia, riduce il senso di solitudine e favorisce la riduzione dei comportamenti-problema (Giannelli A. et al., 2001).

Quello di gruppo è uno setting entro il quale sviluppare le proprie capacità riflessive ed elaborare ciò che accade intorno e dentro di sé. Nel gruppo basato sul Gioco di Ruolo viene promossa la socializzazione fra i partecipanti, vengono sviluppate le capacità cooperative, si impara ad agire nelle situazioni in modalità diversa da quella abituale, si sperimentano nuovi modi di relazionarsi con gli altri, ci si può sentire apprezzati/utili, si promuove la tolleranza della frustrazione.

Le avventure narrate dal professionista all’interno del gioco, ad ambientazione di genere fantasy (cioè vengono descritti mondi popolati da cavalieri, draghi e magia) sono pensate e strutturate “su misura” dei partecipanti per promuovere in loro nuove modalità di azione, interazione, riflessione su di sé e sugli altri, regolazione emotiva, problem solving, creatività e flessibilità cognitiva.

Il conduttore descrive a parole lo scenario, i personaggi che ne fanno parte e genera delle situazioni collegate fra loro da un filo conduttore che è la trama dell’avventura, che possiede sempre uno scopo ultimo: una missione insomma; in queste situazioni e lungo tutta l’avventura i giocatori affrontano diverse sfide, interagiscono fra loro secondo modalità differenti e cooperano per risolvere situazioni complesse, semplicemente descrivendo agli altri quello che il proprio personaggio dice o fa. Il tutto è vincolato da alcune semplici regole, che vengono fornite all’inizio dell’esperienza.

Ciò che conferisce a queste attività un valore pedagogico e terapeutico è l’intenzionalità con cui esse vengono strutturate e proposte dal conduttore (D’Anastasio, 2017).

L’aspetto più importante di cui il terapeuta deve tenere conto è quello di porre molta enfasi sull’esplorazione delle conseguenze che le azioni dei giocatori hanno all’interno del mondo in cui si svolge l’avventura, benché queste conseguenze non siano effettivamente reali. Tale modalità dà la possibilità ai giocatori di agire in un mondo immaginario comportamenti non abituali, che nella vita reale non vengono agiti magari per mancanza di coraggio, oppure per via delle conseguenze soggettivamente temute o altro.

Queste divertenti simulazioni offrono così la possibilità ai partecipanti di trovare disconferma alle proprie convinzioni negative, spesso irrazionali (ad es. “Gli altri mi giudicheranno negativamente per quello che dico/faccio”, “Non sono in grado di difendermi dagli altri”, “Nessuno mi apprezzerà”, “Sono debole e devo evitare tutti i pericoli”, “Devo sempre aiutare gli altri per farmi ben volere”, “Sono strano e per questo nessuno mi apprezzerà”, ecc..), gettando le basi per una loro ristrutturazione non solo da un punto di vista discorsivo ma, in qualche modo, esperienziale, e quindi molto più potente ed efficace (Rosselet J.G., 2013).

Poiché c’è una forte connessione tra il mondo interiore di un individuo e le sue fantasie, il Gioco di Ruolo offre l’occasione ai partecipanti di esprimere il proprio mondo interiore dandogli forma, senso e significato, ed esplorandone le conseguenze, ad esempio un giocatore vorrà sperimentare come ci si sente a trasgredire le regole o le convenzioni sociali, oppure non resistere dall’agire comportamenti distruttivi per sé e per gli altri, o esplorare le sensazioni e le conseguenze dello sfidare l’autorità, ecc..

Un esempio di Gioco di Ruolo

gioco di ruolo e terapia con gruppi di adolescentiConduttore: “Jon, sei in ginocchio, solo e ferito di fronte a tre goblin con gli occhi iniettati di sangue. Alle tue spalle si nasconde la principessa di Delwyn, piangente di paura.”

Matteo (Jon): “Sto fermo davanti a loro con coraggio e sollevo il mio scudo. So che sto per morire, ma sono disposto a dare la vita per difendere la principessa…”

Sara (Anneira): “Salto fuori dalle ombre e minaccio i goblin con la mia lancia. “Non è tutto perduto, Jon!”. Mi metto accanto al lui, voglio aiutarlo a salvarsi e difendere la principessa Delwyn. “Anche se ci conosciamo da poco, ammiro il tuo coraggio. Se adesso dobbiamo morire, lo faremo da fratelli!”.

Conduttore: “E’ un gesto di autentica solidarietà Sara. Vediamo adesso che succede: l’espressione dei goblin da famelica diventa confusa e terrorizzata. Riconoscono nel tuo coraggio una dote della quale loro sono privi ed incapaci, che li stupisce e spaventa. Si lanciano una rapida occhiata dopodiché iniziano a retrocedere, farfugliando qualche imprecazione contro di te. Si stanno ritirando.”.

In questo scenario al finire di una sessione di gioco Sara e Matteo, due ragazzini che sono entrambi stati vittime di bullismo per diversi anni, hanno unito le proprie forze in una situazione disperata in cui si trovavano minacciati da creature feroci, riuscendo solo in questo modo a difendersi e fronteggiare efficacemente una minaccia imminente, sperimentando forse per la prima volta un’ottima strategia di adattamento e sopravvivenza di fronte ai propri persecutori: la coraggiosa unione delle proprie forze. Entrambi inorgogliti del risultato ottenuto, hanno condiviso successivamente il proprio vissuto con glia altri, ammettendo di essersi emozionati nell’immaginare lo svolgersi di quella sequenza che ha ricondotto la memoria di entrambi a spiacevoli momenti della propria storia personale.

Come Partecipare a questa attività

Le attività si rivolgono preferibilmente a ragazzi e ragazze con età compresa tra gli 11 ed i 18 anni, che vogliono divertirsi e migliorare se stessi ed i propri rapporti con gli altri.

I singoli gruppi prevedono un minimo di 3 ed un massimo di 6 partecipanti, e vengono composti in modo eterogeneo per genere ed età a discrezione del terapeuta-conduttore. E’ possibile, su valutazione del professionista, aggregarsi ad un gruppo già formato.

La frequenza è settimanale, gli incontri durano 1 ora e mezza ed hanno un costo di 35 euro.

I gruppi di Gioco di Ruolo si svolgono sia in modalità fisica, presso il nostro Centro “InTerapia”, che in modalità digitale (i partecipanti possono quindi iscriversi da tutta Italia!).

Nel caso di una partecipazione in modalità digitale è necessario essere dotati di personal computer su cui installare il programma “Skype” (https://www.skype.com/it/get-skype/) per svolgere le sessioni di gruppo in videochiamata, di un telefono cellulare e di un indirizzo di posta elettronica personale sul quale ricevere tutto il materiale e le istruzioni di gioco.

Per iscrizioni ed informazioni sulle attività è possibile contattare il referente, dott. Simone Sottocorno, attraverso l’email [email protected], la chat presente sul sito internet www.centrointerapia.it, oppure chiamando il numero di telefono 3755681922.

BIBLIOGRAFIA

  • D’Anastasio C., 2017, “Therapists are using Doungeon & Dragons to get kids to open up”, www.kotaku.com;
  • Giannelli A. et al., 2001, “Psicoterapie di gruppo: a nuove domande, nuove risposte”, Funzione Gamma;
  • Rosselet J.G., 2013, “Using group role-playing games with gifted children and adolescents: a psychosocial intervention model”, International Journal of Play Therapy.
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