Qualsiasi costruzione del mondo è “buona” nella misura in cui permette di raggiungere l’obiettivo (Von Glasersfeld).

Per poter capire ciò che si pone a fondamento di una psicoterapia ad orientamento cognitivo-costruttivista, occorre chiedersi quale relazione possa esistere tra ciò che noi conosciamo e quello che è la realtà del mondo esterno.

Secondo questo approccio, infatti, si ritiene che non sia possibile conoscere la realtà per ciò che è, dal momento che l’atto del conoscere risulta essere estremamente soggettivo.

In altri termini, ogni essere umano interpreta e conferisce significato a ciò che vede, sente e vive sulla base delle caratteristiche e peculiarità che lo contraddistinguono. Ogni persona, per come è fatta, per come è cresciuta e per le esperienze che ha fatto, ha una propria personalissima visione del mondo ed un proprio modo di costruirsi significati e aspettative.

Questo tipo di presupposto, fin dalle prime teorizzazioni, cambia radicalmente il modo di fare psicoterapia rispetto al cognitivismo classico.

Il costruttivismo

L’orientamento costruttivista viene per la prima volta teorizzato dallo psicologo statunitense George Kelly, che, negli anni Sessanta, inizia ad elaborare la psicologia dei costrutti personali, con lo scopo di poter imparare a comprendere il significato che le persone attribuiscono alla propria esperienza e le modalità con cui sviluppano le loro conoscenze.

In questo senso, la psicoterapia costruttivista si basa sul presupposto che tutte le volte che l’uomo ha una percezione, formula un pensiero o un giudizio, compie un’azione costruttiva, che gli permette, cioè, di costruire attivamente la realtà e la sua personale esperienza.

A questo proposito, Gregory Bateson afferma che “la mappa non è il territorio”, intendendo proprio che la “mappa del mondo” che ogni individuo costruisce attraverso i propri pensieri, giudizi e valutazioni, non coincide in modo univoco con ciò che viene osservato a livello di realtà esterna.

Questa concezione implica, quindi, che non può esistere un’unica realtà oggettiva valida per tutti, ma che ognuno ha una propria personale modalità di concepire la realtà.

Ogni punto di vista è valido in quanto tale e meritevole di essere tenuto in considerazione.

La realtà secondo il costruttivismo

L’approccio costruttivista mira a mettere in evidenza come ogni persona costruisce la propria realtà, dando valore alle regole interne che guidano ognuno e permettono di dare un senso alla realtà ponendola in relazione con le proprie esperienze di vita. La mappa mentale che si crea diviene così necessaria per potersi orientare nel mondo sulla base di previsioni e aspettative.


Tali schemi mentali, però, a volte possono anche costituire dei limiti per la persona, che, ad esempio, può farsi guidare da false credenze relative al Sé e finire con l’evitare certe situazioni che potrebbero andare a disconfermare tali false credenze.

Ad esempio, una persona che, sulla base di esperienze passate, ha imparato a pensarsi come “non amabile”, tenderà a leggere tutto ciò che gli accade con questa lente interpretativa, ignorando o interpretando in modo disfunzionale qualsiasi evento che invece potrebbe andare a corroborare un’idea di amabilità.

Questa persona potrebbe così circondarsi di persone non affidabili, che, con grande probabilità, finirebbero con il deluderla o lasciarla. O, ancora, questa stessa persona potrebbe interpretare anche i gesti più piccoli degli altri, come potrebbe essere la latenza di risposta ad un messaggio, come segnali incontrovertibili del fatto che veramente non sia amabile o degna di essere amata e tenuta in considerazione dagli altri.


Idee e convinzioni di questo tipo, attraverso cui la persona attivamente costruisce e interpreta la propria realtà, possono limitarne la libertà e causare disagio. 

Secondo un’ottica costruttivista, però, a creare disagio e a porre limiti non è la realtà in quanto tale, ma proprio il modo in cui le persone si pongono di fronte ad essa, il modo in cui leggono e interpretano ciò che avviene e le aspettative che guidano il proprio modo di vivere e relazionarsi con gli altri: insomma, parafrasando le parole di Bateson, il problema non è mai il territorio, ma è la mappa che si utilizza per percorrerlo.

La psicoterapia cognitivo-costruttivista si fonda e lavora proprio su questo aspetto.

La psicoterapia cognitivo-costruttivista

In linea con le teorizzazioni costruttiviste, la psicoterapia ad orientamento cognitivo-costruttivista si focalizza principalmente sugli aspetti della conoscenza personale, cioè sulle modalità con cui ogni individuo rappresenta sé e il mondo, nonché la narrazione delle esperienze vissute, siano esse appartenenti al proprio passato remoto, siano esse più recenti e presenti.

Uno degli elementi più rilevanti della psicoterapia cognitivo-costruttivista, al contrario di altri orientamenti cognitivi, è la concezione secondo la quale il terapeuta, proprio perché non esiste una realtà univoca, non sa ciò che è giusto o sbagliato in senso assoluto e non possiede una conoscenza più completa, accurata e in definitiva migliore di quella che possiede il paziente.

In questo senso, il presupposto da cui parte uno psicoterapeuta ad orientamento cosgnitivo-costruttivista è che le difficoltà e le sofferenze del paziente nell’affrontare e superare il proprio disagio non dipendono necessariamente da una visione distorta della realtà e dei fatti oggettivi o da una loro errata interpretazione.

Tale presupposto rende così possibile e necessaria un’esplorazione di come l’altro, cioè il paziente, costruisce e conferisce significato alla propria realtà, assimilandola a schemi e modelli propri e peculiari, che vanno a configurare il proprio stile cognitivo-affettivo e quello cognitivo-interpersonale.

Tali schemi si formano prevalentemente nel corso delle prime esperienze emotivamente significative con le proprie figure di attaccamento primarie, per poi andare a strutturarsi in una conformazione di personalità, che, nel corso delle esperienze successive, si riorganizza e arricchisce, andando a modificarsi o a consolidarsi, finanche a irrigidirsi, rischiando così di dare il via a costellazioni psicopatologiche potenzialmente foriere di disagio e sofferenza.

Una persona sviluppa un sintomo proprio nel momento in cui utilizza in modo rigido la propria mappa mentale per leggere e spiegarsi eventi e situazioni e per relazionarsi con gli altri.

Il ruolo del terapeuta è così quello di aiutare il paziente a comprendersi secondo la propria personale ottica e non – o quantomeno non solo – secondo quella del terapeuta. 

Grazie a questo processo volto alla comprensione della soggettività del paziente, quest’ultimo riesce a divenire maggiormente consapevole delle proprie modalità di esperire e spiegarsi quegli eventi della realtà che per lui assumono una maggior rilevanza emotiva.

Le valenze terapeutiche di questo processo sono così molteplici: da un lato il paziente guadagna una sempre maggiore consapevolezza riguardo le proprie modalità di leggere e reagire alle diverse situazioni che si trova a vivere; dall’altro, proprio grazie alla conoscenza acquisita, può anche permettersi di lasciare andare ciò che non risulta essere più così funzionale, ampliando i propri schemi di riferimento e il numero di lenti con cui interpreta la realtà che lo circonda. 

In altre parole, il paziente, grazie all’analisi della propria mappa mentale con la guida e il sostegno del terapeuta, diventa esperto del proprio modo di sentire, dei propri pensieri e delle proprie emozioni all’interno del proprio sistema di conoscenza.

Un percorso di psicoterapia ad orientamento cognitivo-costruttivista non ha, quindi, l’obiettivo di cambiare la mappa del paziente, ma piuttosto quello di aggiornarla, ampliarla e renderla maggiormente flessibile, agevolando così lo spostamento di focus da punti non adatti a risolvere la situazione problematica ad altri maggiormente costruttivi e funzionali.

In conclusione, la psicoterapia cognitivo-costruttivista si delinea e si struttura come un lavoro orientato all’analisi delle modalità con cui ogni individuo dà significato agli eventi di vita e volto ad aumentare la consapevolezza della persona relativamente ai propri meccanismi e schemi. L’obiettivo che questo lavoro si pone è quello di permettere al paziente di giungere ad un’immagine di sé che integri pensieri ed emozioni, che consenta una maggiore flessibilità di adattamento agli eventi di vita, favorendo, infine, un processo di distanziamento critico da sé.

Il ruolo del terapeuta

All’interno di un approccio cognitivo-costruttivista, il terapeuta assume il ruolo di perturbatore strategicamente orientato, che accompagna e guida il paziente in un viaggio alla scoperta di sé attraverso il riconoscimento dei propri modi di essere e di quelle emozioni critiche che, se non adeguatamente esplicitate, possono assumere la forma di sintomi e di comportamenti disadattivi.

Attraverso il dialogo e specifiche tecniche, il terapeuta costruttivista aiuta il paziente a riconoscere gli schemi mentali attraverso cui costruisce la propria realtà, a trovare le risorse per rimodellarli e a individuare le parti di sé da integrare, mettendo in atto cambiamenti funzionali.

In questo senso, il terapeuta non ha il compito di valutare positivamente o negativamente la realtà del paziente, né quello d’indirizzarlo verso il percorso “corretto”, ma, piuttosto, aiuta il paziente a riconoscere gli schemi mentali che sono stati costruiti, permettendogli di orientarsi all’interno della sua visione del mondo affinché possa riprendere ad agire, ripensare e migliorare i propri schemi mentali.

Il terapeuta, quindi, si configura come un esperto per quanto concerne i metodi e gli strumenti per analizzare in modo più approfondito il materiale al quale il paziente da solo non è riuscito a dare un senso, ma, allo stesso tempo, non assume il ruolo di colui che indica la direzione. É, infatti, il paziente, in quanto unico e vero esperto della propria vita e delle proprie esperienze, a decidere ed intraprendere, grazie alla guida e agli strumenti forniti dal terapeuta, il percorso così come desiderato e scelto.

Articolo a cura di Ilaria Loi psicologa e psicoterapeuta

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