Pianti inconsolabili, la ricerca di attenzioni e maggiore contatto fisico, piccoli dispetti, il desiderio di riprendere il ciuccio o indossare il pannolino (così come altri eventi regressivi), sono solo alcune delle reazioni che manifestano i bambini e le bambine all’arrivo del fratellino o della sorellina. Reazioni che portano i genitori a sentirsi disorientati e a chiedersi quale siano le strategie da mettere in atto per placare la gelosia del primo figlio/a.
Ciò che è importante chiarire fin da subito è che questi comportamenti non devono preoccupare, anzi sono del tutto comuni, quasi fisiologici. Non è necessario che questi segnali siano interpretati come sintomi di qualcosa di patologico o problematici, ma considerati come funzionali alla rielaborazione dell’ingresso di un nuovo membro. Non sareste anche voi disorientati o ansiosi nel veder perdere la vostra centralità nella vita e nel cuore delle persone che più amate? È impossibile, dunque, evitare il nascere di questi stati emotivi che possiamo definire come -gelosia-, ma anche -paura- di essere esclusi o abbandonati, ma molto si può fare per aiutare il fratello o la sorella maggiore a gestire con più serenità questo importante passaggio.
Di seguito alcune indicazioni per gestire al meglio questa fase al quanto delicata, ma transitoria.
Gelosia e Paura: come si manifestano
Se parliamo di gelosia tra fratelli e sorelle dobbiamo tener presente la sua funzione/valore adattivo a fronte della percezione di una minaccia all’integrità della relazione privilegiata con i genitori. Così la paura di essere abbandonati o esclusi porta il bambino/a ad assumere comportamenti del tutto irrazionali che potremmo tradurre come il bisogno di manifestare il ventaglio emotivo sperimentato in quella fase. Ma quali comportamenti sono degni di nota e attenzione?
- Comportamenti aggressivi improvvisi;
- Eccessive premure e gentilezze nei confronti del nuovo/a arrivato/a: è possibile che il primogenito/a tenda a reprimere i propri istinti aggressivi (perché questi avrebbero come esito conseguenze disastrose) tramutandoli in attenzioni e cure morbose;
- Regressioni e comportamenti di attaccamento: la richiesta di contatto continuo e la necessità di sentirsi rassicurati (del legame speciale tra lui o lei e i genitori).
Dare la notizia è compito dei genitori
Sembra scontato, ma non lo è poiché comunicare la lieta notizia al figlio/a maggiore, significa riconoscere, anche ai suoi occhi, l’importanza che lui o lei ha nella famiglia, restituendone il ruolo che possiede all’interno del sistema. Perciò è importante che non intuisca o venga a sapere “per caso” quello che sta per accadere, né tanto meno che ne venga a conoscenza attraverso il racconto di altri membri della famiglia allargata (es. nonni o zii).E questo per due motivi di fondamentale rilevanza: tenere il primogenito/a all’oscuro indica restituirgli/le un messaggio fuorviante ossia quello di considerarlo/a poco meritevole di una simile notizia (mi riferisco in particolare ai bambini o alle bambine sufficientemente grandi da comprendere cosa significhi l’arrivo di un nuovo cucciolo); oppure diversamente che l’evento rappresenti qualcosa di minaccioso attivando così ansie o paure.
Questo accade poiché l’immaginario dei bambini e delle bambine può essere costellato di immagini e pensieri che si allontanano di gran lunga dalla realtà proprio laddove si presentano novità, eventi stressanti e ciò accade soprattutto se tenuti all’oscuro.
Prepararlo/a all’assenza della madre per il parto
“Sai, quando arriverà il fratellino (o la sorellina), la mamma andrà qualche giorno all’ospedale, lì si prederanno cura di noi e poi torneremo tutti a casa da te. Se sarà possibile verrete a trovarci così vedrai con i tuoi occhi quanto è piccolo/a…”
Questa è solo una delle modalità con cui è possibile iniziare il discorso, ma sarete voi a sceglierete le parole che più vi appartengono e sentirete più vicine per comunicare l’assenza della figura materna per qualche giorno.
Non inventate scuse e chiarite che la madre e il piccolo/a saranno all’ospedale per ricevere premure e attenzioni. I più grandi associano spesso l’ospedalizzazione alla – malattia- e quindi al -pericolo-, per questo è utile chiarire con serenità che essi/e soggiorneranno lì per pochi giorni così da accedere alle cure necessarie. Questo potrà innescare una serie di domande a cui chiaramente sarà utile rispondere trasmettendo serenità e una certa padronanza della situazione con l’obiettivo di tenere a bada ansie e paure.
Confronto che, badate bene, non è necessario avvenga molti mesi prima della nascita: i bimbi/e hanno una dimensione temporale diversa da quella degli adulti.
Quando la nascita coincide con altri eventi importanti
“Il piccolo arriverà a settembre e proprio in quei giorni il mio grande inizierà la scuola dell’infanzia. Siamo preoccupati, tanti cambiamenti in atto, come faremo?”
Niente panico! Novità e cambiamenti compresa l’inquietudine che li accompagna, così come paure e sensi di colpa potranno abitare le vostre menti e i vostri cuori, ma con qualche accortezza e una buona organizzazione potrete placare le vostre ansie. Tentando di riassumere, ecco alcuni ulteriori accorgimenti.
- Accettate di non poter controllare tutto;
- Accogliete gli imprevisti e con lucidità agite secondo le vostri reali possibilità;
- Integrate domande, paure e dubbi dei figli più grandi alle vostre e tentate di rassicurare. Se vi sentite in grado di gestirle, esplicitate con franchezza le vostre emozioni (es. paura, gioia, felicità);
- Mantenete il più possibile ruotine e impegni quotidiani;
- Prevedete “il piano B”. Come ci muoviamo se dovesse accadere che…?;
- Affidate alcune incombenze a famigliari e amici (la spesa, la tappa al parchetto, la merenda con gli amici e le amiche del vostro piccolo/a);
- Preparatevi per tempo. Ad es. se il figlio/a più grande si addormenta solo con la madre (perché può capitare), lavorate affinché si avvicini al momento della nanna anche con il padre;
- Ancora una volta, significate quanto sta accadendo ai più grandi utilizzando parole per loro comprensibili. Se sono molto piccoli mantenete per quanto possibile il consueto svolgere quotidiano e siate accoglienti circa i loro malumori.
Evitare di sminuire o reprimere le emozioni del bambino
Frasi quali “Non piangere! Non essere geloso/a” non permettono al primo/a figlio/a di avvicinarsi in maniera genuina alle proprie emozioni. Quale potrebbe essere un approccio più funzionale e accogliente?
- non giudicarlo/a;
- prova a metterti nei suoi panni;
- cerca di capire i suoi reali bisogni e le sue emozioni (rabbia e frustrazione ma anche gioia ed eccitazione; bisogno di sentirsi visto e accolto, paura dei cambiamenti e delle novità);
- evita punizioni e ricatti (non aiutano a creare in rapporto di fiducia e autostima);
- patteggia scelte e possibilità per età e capacità;
- fai capire che ti fidi di lui o lei;
- accettate eventuali regressioni e transitorie ostilità,
- Le emozioni vanno accolte e nominate, solo così i figli/e potranno imparare a gestirle.
Non fraintendete, non tutto può essere concesso o permesso, limiti e confini sono necessari per lo sviluppo armonico dei bambini e delle bambine, ma qui si tratta di accogliere le emozioni e i vissuti di vostro figlio/a in un processo che porta con sé grandi cambiamenti, stravolgimenti, nuove routine da imbastire e nuovi ruoli da ridefinire.
Coinvolgere il bambino o la bambina: lavorate sulla relazione
“Per il tuo fratellino devo preparare una piccola valigia, mi vorresti aiutare?” – “Hai visto come sorride quando sente la tua voce?”
Farsi aiutare nella gestione del piccolo/a significa valorizzare il suo ruolo all’interno della famiglia mentre assegnare un compito (adeguato per capacità ed età) lo/la farà sentire orgoglioso/a di sé e investito di “nuove” attenzioni da parte dei genitori. Occuparsi della loro relazione fin da subito aiuterà il/la più grande a prendere le giuste misure con il nuovo arrivato/a, a non percepirsi escluso.
Alcuni genitori, nel tentativo di sostenere il/la figlio/a più grande, escludono in maniera volontaria (ma chiaramente fittizia) il più piccolo/a concentrando sul primogenito/a eccessive attenzioni (seguiti a ruota da parenti e amici). Questa scelta apparentemente strategica non farà che alimentare la sua onnipotenza e l’insorgenza di gelosie: in primis perché questo atteggiamento è ben lontano dalla realtà che sta vivendo il nucleo, e infine, perché la staticità del neonato evolverà verso la conquista del mondo e sarà del tutto impossibile limitarne la presenza.
Non sarà forse meglio coltivare fin dai primi giorni una relazione in cui ad ognuno vengano riconosciuti bisogni e attitudini?
Non dare al bambino o alla bambina una visione distorta della realtà: dare un significato a quanto vedono
Spiegare e significare ogni avvenimento può calmare le ansie e le paure del piccolo/a. Ad esempio, chiarire perché il nuovo/a arrivato/a piange, si dimena e non è così facilmente placabile aiuta il figlio o la figlia più grande a dare un senso alle fatiche genitoriali e al comportamento stesso del fratello o sorella; oppure, rendere esplicito che la madre sarà molto impegnata per alcuni giorni ( così come il padre, ma se è stato avviato l’allattamento al seno è chiaramente la madre ad essere maggiormente occupata) eviterà di farlo sentire escluso/a e/o rifiutato. Coinvolgere il primo/a figlio/a nelle consuete attività (cambio del pannolino, applicazione della crema, intrattenimento etc.) lo o la aiuterà a sentirsi utile, responsabile e coinvolto nella cura del più piccolo/a.
È davvero necessario prevedere dei regali anche per il primo/a figlio/a?
Probabilmente si tratta di un gesto carino soprattutto se il dono viene consegnato da parte del nuovo nascituro o nascitura al fratello o sorella maggiore. Ma cosa altrettanto importante sarà prevedere alcuni momenti o attività che facciano sentire il primogenito/a ancora protagonista del ménage famigliare nonché visto/a, accolto/a, pensato/a dai genitori che saranno chiaramente presi e occupati a pre-occuparsi dal nuovo membro.
Concludendo…
Riassumendo, accoglienza e disponibilità da parte dei genitori permetterà al primogenito/a di vivere le proprie emozioni serenamente. Attenzione, non si tratta solo di prevedere crisi di pianto, rabbia o frustrazione, quanto di lasciar che questo si trasformi in una fase, un periodo in cui il bambino/a possa sperimentare questi eventi emotivi (perché naturali) con il conforto e il calore affettivo da parte dei genitori.
Questa fase, carica di tensioni e conflitti, a causa delle manifestazioni più o meno intense che possono essere messe in atto, consente inoltre di affrontare e superare una fase dello sviluppo del bambino/a che lo porterà verso un’adeguata maturazione sociale ed emotiva. Infatti imparare a gestire le emozioni e tollerare un buon grado di frustrazione fin da piccoli in maniera “positiva” faciliterà e renderà serene le future relazioni sociali in età adulta.
Il rapporto tra fratelli e sorelle può dunque essere considerato come una sorta di palestra “emotivo-relazionale” attraverso la quale si costruiscono la fiducia reciproca, la tolleranza, l’adattabilità piuttosto che la diffidenza e l’individualismo nel rapporto con gli altri.
articolo scritto dalla dott.ssa Cristina Veronese pedagogista presso il centro di psicologia di Monza
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