Hanno pensato che fossi una surrealista, ma non lo ero.

 Non ho mai dipinto sogni. Ho dipinto la mia realtà.

Frida Kahlo

Si potrebbe pensare che Arte e Psicologia siano due “discipline” lontane tra loro, con caratteristiche proprie. Ma se già prestiamo attenzione alle definizioni dell’una e dell’altra, possiamo notare che l’arte riguarda ogni attività umana che porta a forme di creatività e di espressione estetica […] e la psicologiaè la scienza che studia il comportamento umano e cerca di comprendere ed interpretare i processi mentali, emotivi e relazionali che lo determinano, con lo scopo di promuovere il miglioramento della qualità della vita.

La psicologia dell’arte, come settore di studi, nasce nella seconda metà dell’Ottocento e si configura come una disciplina che si occupa di indagare e spiegare i processi psicologici coinvolti nelle esperienze di produzione e di fruizione di un’opera d’arte. 

L’obiettivo della psicologia dell’arte è cercare di individuare e comprendere quali processi mentali siano coinvolti nella produzione artistica, quali fattori determinino le peculiarità di un artista, ma anche quali processi psicologici caratterizzino l’apprezzamento o il non apprezzamento estetico, e i sentimenti di empatia, simpatia o disapprovazione di coloro che fruiscono dell’opera artistica.

La psicologia nell’arte

È risaputo che tutto ciò che concerne l’arte intesa in senso lato è impregnato di significati: partendo dai primi graffiti dei nostri antenati che rappresentavano quasi esclusivamente un codice di comunicazione, passando per la simbologia religiosa, gli spazi e gli elementi architettonici, le proporzioni tra luci ed ombre, fino ad arrivare ai significati che ognuno di noi, in modo soggettivo, attribuisce alle più svariate forme d’arte.

Lo psicanalista e storico d’arte Ernst Kris ha spiegato che qualunque opera d’arte è intrinsecamente ambigua: ognuno di noi mette in atto diverse interpretazioni, quelle che albergano nella nostra memoria e che utilizziamo per interpretare la realtà e anche per dare origine a nuove idee. 

Inoltre, ogni opera, già di per sé, è un mezzo di comunicazione di significati propri dell’artista stesso, che spesso si avvale di simboli.

Per C. G. Jung il simbolo è portatore di un contenuto che non riesce ad essere espresso in altro modo, “è un’immagine adeguata a indicare il meglio possibile la natura oscuramente intuita dello spirito”. Proprio per questo, l’opera d’arte, in quanto prodotto di esseri viventi, possiede la stessa complessità di questi ultimi.

Le emozioni trovano nell’arte un rifugio catartico, dove il soggetto può ritrovare se stesso. Si pensi, per fare solo alcuni nomi nell’ambito dell’arte figurativa, alle opere di Frida Kahlo, per la quale dipingere era un modo di trasformare il suo dolore; Vasilij Kandinsky, nelle cui opere utilizza il colore come catalizzatore per esprimere le emozioni; Van Gogh, Pablo Picasso, Gustav Klimt… e ancora Virginia Woolf, Italo Svevo, Luigi Pirandello e tanti altri nell’ambito della letteratura, della musica e del teatro.

L’arte nella psicologia

C.G. Jung individua nel “fare creativo” un possibile tramite espressivo ad intensi vissuti interni: “spesso accade che le mani sappiano svelare un segreto attorno a cui l’intelletto si affanna inutilmente”.

In psicologia si è messo spesso in evidenza il valore terapeutico della creatività attraverso le Arti Terapie, che sono interventi strutturati nell’ambito di un preciso setting terapeutico, all’interno del quale si seguono regole e protocolli precisi. Il fine dell’Arte Terapia è quello di cercare di risolvere o attenuare il disagio dei pazienti, che può essere psichico, fisico, sociale.

Questo modello terapeutico, che al linguaggio verbale spesso sostituisce o accompagna quello “non verbale”, più semplice e diretto, può fare ricorso all’utilizzo di materiali molto vari tra cui colori e disegni. Non ultimo l’utilizzo del corpo, come nel caso della teatroterapia, della danzamovimentoterapia e della musicoterapia. In questi casi l’arte viene usata per superare situazioni di blocco o di emarginazione, favorendo l’attività espressiva: lo scopo non è la creazione di un prodotto artistico esteticamente apprezzabile, ma l’attenzione viene posta soprattutto sul processo creativo e sul progredire della relazione tra paziente e terapeuta.

L’arte della psicologia

In merito alla relazione tra paziente e terapeuta, mi piace pensare all’esempio dell’arte come metafora: in particolare facendo riferimento ai ruoli dell’artista e del restauratore. 

L’artista è colui che, spinto dalle sue emozioni, sostenuto dalle sue esperienze, inserito nel suo ambiente socio-culturale, produce la sua opera. 

Il restauratore, invece, è colui che, tenendo fede all’opera dell’artista, rispettandone i pensieri e le caratteristiche emotive e tenendo conto dell’ambito culturale in cui l’artista e la sua opera sono inseriti, si impegna a levigare, reintegrare, valorizzare e riportare alla luce le caratteristiche dell’opera, rispettando l’artista e l’opera stessa nella sua complessità. 

Così si può immaginare il lavoro tra paziente e terapeuta, dove il paziente è l’artista (la sua opera è il risultato dell’incontro e scontro tra le sue caratteristiche personali, eventi di vita e relazioni) e il terapeuta è il restauratore che, con la sua cassettina degli attrezzi, aiuta a levigare, ripristinare e conservare, ciò che sembra danneggiato o perduto.

BIBLIOGRAFIA

C.G.Jung, La dinamica dell’inconscio, in Opere, vol. VIII, Boringhieri, Torino 1976.

U. Galimberti, Dizionario di Psicologia, Utet, 1994.

SITOGRAFIA

Rivista on-line di Arte e Psicologia, PsicoArt, Unibo.

https://it.wikipedia.org/wiki/Psicologia_dell%27arte

Articolo scritto dalla dott.ssa Serena Gizzi psicologa presso la sede di Monza

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