Che cosa si intende con sindrome dell’impostore?

La sindrome dell’impostore viene vissuta da tutti coloro che, nonostante le competenze acquisite e gli obiettivi raggiunti, sia a livello accademico che a livello professionale, si considerano immeritevoli di svolgere un determinato lavoro, compito o mansione, incapaci di gestirlo e si aspettano che da un momento all’altro vengano scoperti e considerati fraudolenti, impostori (Clance e Imes, 1978). 

Il fenomeno dell’impostore si esplica spesso in domande del tipo “ma io appartengo realmente a questo contesto? Cosa ci faccio? Non sono adeguato, non sono bravo abbastanza, ho un background differente, non ho le competenze e adesso lo scopriranno” (Cokley e Orbé-Austin, 2022)

Pertanto, la persona che vive la sindrome si considera immeritevole dei risultati raggiunti, che vengono attribuiti, a causa di distorsioni cognitive, a fattori esterni, come la fortuna o un aiuto di terze parti. 

Tutte le situazioni che pongono di fronte a possibili errori o sbagli, vengono lette come dimostrazioni di effettiva inadeguatezza e come un ulteriore indizio, per gli altri, per scoprire quanto in realtà siano inconsistenti e come sia stata una serie di casi fortuiti che gli abbia permesso di raggiungere le posizioni acquisite.

Gli studiosi che si sono occupati di approfondire il fenomeno hanno individuato due strategie principi che utilizzano le persone che vivono tale sindrome (Cokley e Orbé-Austin, 2022):

  1. Over preparazione/perfezionismo: i soggetti che assumono tale modalità comportamentale, a causa della propria credenza di disvalore, spendono molto tempo preparandosi, informandosi, studiando prescrittivamente vari contenuti ed argomenti nel tentativo di compensare la propria idea di inadeguatezza e, soprattutto, di nasconderla agli altri; questo accade indipendentemente dalla tipologia di compito che la persona si trova ad affrontare, conosciuto o sconosciuto, e risulta non necessario, eccessivo, non pertinente;
  2. Evitamento: gli individui, per paura di confrontarsi con il fallimento e con la dimostrazione agli altri delle proprie incompetenze, tendono a non confrontarsi con le situazioni di esposizione, a non eseguire mansioni lavorative e/o esami, tentando di rimandare così il “momento del giudizio finale”.

Quale relazione ha con i disturbi psicologici?

Non esiste una diagnosi vera e propria per la sindrome dell’impostore nei manuali di diagnosi delle malattie mentali.

Tuttavia, essa si accompagna a differenti sintomi psicologici che caratterizzano il malessere sperimentato dalle persone che la vivono: ansia, depressione, bassa autostima, senso pervasivo di colpa legato all’idea di ingannare gli altri, proprio perché non sono stati in grado di introiettare il successo raggiunto (Young, 2003). 

Per quanto concerne l’ansia, essa viene spesso sperimentata in quanto, non credendo effettivamente nel proprio valore e nelle proprie possibilità, il soggetto vive ogni prestazione e compito come una potenziale situazione di fallimento che confermerà a se stesso la propria inadeguatezza e dimostrerà agli altri la propria inconsistenza, nonché la “menzogna”. 

Sperimenta quindi costantemente un senso di minaccia (che attiva l’ansia), con intenso rimuginio (che la mantiene), su tutti i possibili e potenziali errori che potrebbe commettere.

Inoltre, l’ansia è correlata anche all’elevato livello di aspettative altrui che la persona sente di dover soddisfare, avendo dato agli altri una immagine fasulla di bravura (credenza disfunzionale su di sé). Tutto questo comporta un aumento di probabilità di sviluppare una condizione di burnout (Kumar e Jagacinski, 2006).

La depressione invece risulta associata ai costanti e ripetitivi pensieri negativi che la persona ha sul sé, alla costante ruminazione su errori del passato che ha commesso o che valuta come tali, che lo portano a sperimentare bassa autostima, a mantenere una idea negativa di sé e ad una conseguente ridotta qualità di vita.

Cosa si può fare rispetto a tale fenomeno?

  • Riconoscere gli aspetti positivi ed i successi raggiungi, sviluppando rispetto agli stessi vera consapevolezza e non catalogandoli come un modo per nascondere agli altri le proprie reali incompetenze oppure conseguenza di un caso fortuito. Ad esempio, può essere utile tenere un diario in cui riportare gli obiettivi raggiunti e le modalità o competenze che sono state messe in atto per ottenerli e impegnarsi a revisionarlo e raccontare a se stessi come e quanto si è stati in grado di fare. Questo aiuta a combattere i pensieri automatici negativi sul sé (Cokley e Orbé-Austin, 2022). 
  • Strutturare un miglior equilibrio tra la vita personale e quella accademica/lavorativa: questo aiuta a sperimentare emozioni positive e sensazioni di benessere, concentrandosi sulla soddisfazione di bisogni personali che spesso vengono dimenticati o messi in secondo piano nella lotta per il raggiungimento di prestazioni sempre più alte oppure a causa del tempo perso nella ruminazione/rimuginio;
  • Imparare a chiedere aiuto e circondarsi di persone con le quali si hanno relazioni di fiducia nel momento in cui i livelli di stress si innalzano significativamente. Questo permette di trovare sostegno e supporto e risulta un fattore protettivo rispetto alla possibilità di sviluppare una condizione di burnout;
  • Ricorrere, quando il livello di malessere risulta significativo, ad un intervento di supporto psicologico, che possa aiutare ad individuare le distorsioni cognitive, a modificare l’idea del sé e a trattare le sintomatologie invalidanti.

BIBLIOGRAFIA 

Clance, P. R., e Imes, S. A (1978). The imposter phenomenon in high achieving women: Dynamics and therapeutic intervention. Psychotherapy: Theory, Research & Practice, 15 (3),241-247.

Cokley, K. e Orbé-Austin, L. (2022) How to overcome feeling like an impostor. 

Kumar, S., Jagacinski, C.M. (2006). Imposters have goals too: The imposter phenomenon and its relationship to achievement goal theory. Personality and Individual Differences, 40(1), 147-157.

Young, V. (2003). The imposter syndrome: finding a name for the feelings.

Articolo scritto e curato per il blog di interapia dalla dott.ssa Chiara Mariani Psicologa presso il centro di Legnano.

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