Perché parlare di intelligenza emotiva?

“L’intelligenza emotiva contribuisce di più alle qualità che ci rendono pienamente umani”

(Goleman, 1995)

Il background culturale

Tra gli anni 80 e 90 diversi studiosi hanno cercato di dare una spiegazione ad una evidenza che si riscontrava nel contesto scolastico, sociale e lavorativo.

Negli anni precedenti stava prendendo sempre più piede la valutazione del quoziente intellettivo (QI) inteso come l’insieme delle capacità cognitive, logiche-razionali degli individui, che andavano a definire, secondo gli esperti di quei tempi, l’intelligenza globale. 

Pertanto, ci si aspettava che a QI maggiori corrispondessero successi scolastici e/o lavorativi corrispondenti, aspettativa che in realtà non venne soddisfatta; la quotidianità della vita mostrava infatti l’assenza di questa correlazione diretta. 

Esistono altre forme di intelligenza?

Si inizia così a cercare e a riflettere su quali altri fattori potessero entrare in gioco nella vita mentale delle persone, che potessero spiegare non solo la riuscita ed il successo raggiunto, ma anche il benessere e le sane relazioni sociali. 

Ci si interroga sul ruolo fondamentale delle emozioni, definite come l’impulso all’azione, il timone ed il motore del nostro agire nel mondo, l’àncora per la sopravvivenza. 

A fronte del ruolo fondamentale delle emozioni, si apre quindi la possibilità di pensarle come potenzialmente intelligenti. 

Salovey e Mayer proposero per la prima volta il modello dell’intelligenza emotiva, definendola come una forma di intelligenza che comprende diverse componenti tra loro consecutive ed interconnesse: 

  • Conoscenza delle proprie emozioni: la capacità di essere consapevole e di monitorare i propri sentimenti nel momento stesso in cui si presentano;
  • Controllo delle emozioni: essere in grado di padroneggiare le proprie emozioni per favorire la loro adeguatezza rispetto al contesto;
  • Motivazione di se stessi: essere in grado di lavorare per il raggiungimento dei propri obiettivi;
  • Riconoscimento delle emozioni altrui: essere in grado di percepire cosa prova l’altro per condividerlo e supportarlo;
  • Gestione delle relazioni: essere capaci di modularsi nel rapporto con gli altri, trovando un compromesso ed un punto di incontro che favorisca il benessere reciproco. 

L’intelligenza emotiva può quindi essere definita, secondo tale modello, come “l’abilità di controllare i sentimenti e le emozioni proprie e degli altri, di distinguerle tra di loro e di usare tali informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni” (Salovey e Mayer, 1990).

L’importanza delle due menti: razionale ed emotiva

Queste considerazioni fanno riflettere su come nella vita quotidiana l’individuo sia mosso da due dimensioni tra loro interconnesse: la mente razionale e quella emotiva.

Goleman, psicologo che si appassionò allo studio dell’intelligenza emotiva, affermò che “Abbiamo due menti, una che pensa, l’altra che sente. Queste due modalità̀ della conoscenza,
così fondamentalmente diverse, interagiscono per costruire la nostra vita mentale”
e per favorire felicità e successo.

L’attenzione ai risultati nel contesto sociale/ambientale in seguito ad un buon uso dell’intelligenza emotiva venne posta anche da Bar-On, il quale definisce l’intelligenza emotiva come “un insieme di capacità non cognitive, competenze e abilità che influenzano la capacità di riuscire a far fronte alle richieste e alle pressioni ambientali” (Bar-On, 1997).

Chi sono quindi le persone emotivamente intelligenti? 

Gli uomini e le donne emotivamente intelligenti hanno una vita emotiva ricca e positiva, non si abbandonano ad eccessi e/o esplosioni disregolate, nutrono sentimenti e pensieri positivi verso se stessi e sono in grado di comprendere il senso e gli obiettivi della propria vita. Questo equilibrio interno permette loro di entrare in relazioni con gli altri in modo facile e positivo, sapendo cogliere le sfumature del mondo interno degli altri e aprendosi con fiducia a nuove esperienze. 

Questo è reso possibile dalla conoscenza significativa del proprio mondo interno, dalla capacità di reagire e non soccombere alle situazioni emotivamente attivanti e di provare empatia nei confronti degli altri.

Tali aspetti consentono di muoversi in modo orientato, pensato e sensato nel mondo, non in seguito ad impulsi irrazionali del momento, trovando così la strada per raggiungere i propri obiettivi nel rispetto di chi popola il contesto sociale di riferimento.

Bibliografia 

Bar-On, R. (1997). The emotional quotient inventory (EQ-i): A test of emotional intelligence. Toronto: Multi-Health Systems.

Goleman, D. (1995). Intelligenza emotiva: cos’è e come può renderci felici. BestBUR

Salovey, P. e Mayer, D. (1990). Emotional Intelligence. Imagination, Cognition and Personality, 9, pp. 185 – 211.

Articolo a cura della dott.ssa Chiara Mariani psicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale, riceve su appuntamento a legnano presso la sede del centro interapia

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