Quando si parla di dipendenza da sostanze ci si riferisce ad un utilizzo problematico delle stesse, ma quando si arriva a definirlo tale?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 2012) ha stimato la diffusione dell’uso di sostanze illegali  tra la popolazione mondiale di età compresa fra i 15 ed i 64 anni. Si stima che il 3.6-6.6% della popolazione abbia fatto uso almeno una volta di una qualche sostanza illegale ed il 12% ne fa un uso problematico. Rispetto alla diffusione per tipologia di sostanze, le più utilizzate sono la Cannabis e le anfetamine seguite da oppioidi e cocaina. 

A prescindere dal tipo di sostanza, le dipendenze patologiche presentano un insieme di comportamenti caratteristici: la compromissione del controllo dell’uso della sostanza, la compromissione sociale, l’uso rischioso della sostanza e la presenza di effetti fisiologici indotti farmacologicamente.

La compromissione del controllo dell’uso della sostanza 

Perdere il controllo dell’uso della sostanza significa che il soggetto inizia ad assumerla in quantità maggiore o per un periodo di tempo più lungo rispetto alle sue intenzioni, cerca di interromperne l’uso senza riuscirci  e manifesta il persistente e irrefrenabile desiderio di utilizzarla (craving).

La compromissione sociale 

Quando il soggetto che utilizza la sostanza fatica ad adempiere agli obblighi abituali a lavoro, a casa, a scuola vede il suo funzionamento sociale inficiato. Inoltre accade spesso che si riducano o si abbandonino importanti attività sociali, lavorative e/o ricreative proprio a causa degli effetti della sostanza o del tempo trascorso a procurarsela.

L’uso rischioso della sostanza 

Il soggetto fa uso della sostanza in situazioni fisicamente pericolose oppure persiste nell’uso nonostante la consapevolezza che questa possa provocare problemi di natura fisica e/o psicologica.

La presenza di effetti fisiologici indotti farmacologicamente

L’effetto della sostanza sul sistema nervoso centrale provoca delle importanti modificazioni sul piano comportamentale o psicologico (es. litigiosità, labilità dell’umore, deficit cognitivi, difetto delle capacità critiche) e che si sviluppano durante o poco dopo l’assunzione della sostanza. Questo fenomeno si chiama intossicazione.

Altri due effetti clinicamente rilevanti solo la tolleranza e l’astinenza. La tolleranza consiste nell’aumento della quantità e/o della frequenza d’uso della sostanza per mantenere gli effetti desiderati e raggiungere lo stato d’intossicazione o, al contrario, la diminuzione di tali effetti con il mantenimento della quantità e/o della frequenza di assunzione. La tolleranza varia notevolmente da individuo a individuo. L’astinenza consiste nello sviluppo di una specifica sintomatologia conseguente alla sospensione repentina dell’uso della sostanza, o la persistenza dell’uso per evitare o attenuare tale sintomatologia.

Il percorso verso la dipendenza solitamente ha una fase di inizio in cui la consumazione della sostanza è occasionale e avviene per sperimentazione e/o fuga da emozioni negative; una fase intermedia di intensificazione dell’uso in cui il soggetto ricerca attivamente gli effetti della sostanza e diventa più abile a gestirla fisicamente e socialmente; una fase di dedizione in cui si instaura la vera e propria dipendenza in cui il bisogno diventa patologico, il comportamento disregolato e insorgono problematiche mediche e sociali. 

I trattamenti psicologici tradizionali per le dipendenze sono l’Approccio Motivazione di Miller (1991), e la Terapia Cognitivo-Comportamentale.

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