La “Sindrome del bambino dimenticato” rappresenta un tema di grande impatto. Sebbene l’espressione non sia scientificamente riconosciuta e non abbia una precisa definizione nosografica, essa fa riferimento a ciò che accade quando i genitori, o altre figure significative, dimenticano accidentalmente un bambino in auto, con esiti spesso fatali e importanti ripercussioni sulla famiglia. 

I genitori

Risulta di fondamentale importanza sottolineare come non esista un profilo “tipico” del genitore che dimentica il proprio figlio in automobile: tale sindrome può colpire chiunque, indipendentemente dal genere, dall’età, dall’istruzione, dal reddito, dalla personalità, etc. Infatti, se vengono considerati i casi, ci si scontra, nella quasi totalità di essi, con genitori accudenti e presenti, che non hanno mai manifestato segni di negligenza. I genitori presentano funzioni psichiche, cognitive ed emotive integre, ed è per questo che tali dinamiche risultano del tutto incomprensibili. Non si tratta pertanto di genitori “instabili”, ma di adulti la cui memoria appare momentaneamente compromessa. 

Possibili spiegazioni alla “Sindrome del bambino dimenticato”

Un spiegazione possibile al fenomeno riguarda la dissociazione. Quando parliamo di disturbi dissociativi facciamo riferimento a disturbi caratterizzati dalla sconnessione di coscienza, memoria, percezione, identità, emozioni, comportamenti. Il DSM-5, ossia il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali, identifica tre principali disturbi dissociativi:

  • il distrubo di derealizzazione e depersonalizzazione;
  • l’amnesia dissociativa;
  • il disturbo dissociativo di identità.

Questi disturbi hanno un’origine comune, ossia la dissociazione, che si manifesta con l’inaccessibilità alla coscienza di alcuni aspetti emotivi, mnestici ed esperienziali. Si tratta di un costrutto complesso, che coinvolge due fenomeni:

  • la compartimentazione dei processi psicologici, che normalmente dovrebbero essere integrati;
  • l’alterazione della coscienza, che si caratterizza dal distacco dal sé e dall’ambiente. 

Amnesia dissociativa

L’amnesia dissociativa rappresenta una forma di dissociazione in cui la persona non ha accesso ad aspetti della memoria e al ricordo dell’esperienza, cioè l’incapacità di ricordare informazioni autobiografiche. Generalmente questo tipo di amnesia, così come è insorta, scompare improvvisamente, andando incontro al completo recupero.

Si verifica di solito in seguito ad un periodo di forte stress, e si manifesta con difficoltà di concentrazione, del sonno, irritabilità, automatismi, ossia compiere azioni senza la piena consapevolezza di quello che si sta facendo, come se fosse attivo il “pilota automatico”. 

Tra le ipotesi più accreditate vi è inoltre quella del malfunzionamento della working memory, ossia della memoria di lavoro.

Essa è la responsabile della capacità di gestire e manipolare temporaneamente le informazioni provenienti dall’ambiente e recuperarle dalla memoria a lungo termine.

Le informazioni elaborate da questo tipo di memoria fanno riferimento a ciò a cui si sta prestando attenzione in uno specifico momento: nel caso della “Sindrome del bambino dimenticato”, spesso la presenza del bimbo non è associata, durante il tragitto in auto, a stimoli sensoriali che richiamino l’attenzione del genitore e segnalino la presenza effettiva del bambino: l’assenza di questi segnali non ne consentono la registrazione e l’integrazione nel processo di presa di decisione. In questo caso, prenderà il sopravvento la modalità “pilota automatico”. 

Un’altra ipotesi alla base della dimenticanza del figlio nell’auto potrebbe essere dovuto a un fallimento della memoria prospettica, ossia l’incapacità a ricordare di dover fare qualcosa nel futuro. Secondo David Diamond, l’oblio sarebbe connesso al circuito che regola le nostre abitudini cerebrali, con il quale compiamo determinate azioni routinarie e abitudinarie, senza pensarci. La routine, infatti, conduce spesso alla dimenticanza: la quotidianità che si ripete sempre uguale porta a vivere la realtà uniformemente, coinvolgendo solo in minima parte il pensiero cosciente.

Quindi, mossi dal controllo motorio e non cosciente, non prestiamo attenzione alle azioni di routine, proprio perché l’abitudine è collaudata e non necessita quindi di ragionamento. Bisogna sottolineare come tutti noi, nella nostra quotidianità, ci ritroviamo in questa situazione, poiché si tratta di una funzione normale del nostro cervello. Il problema insorge nel momento in cui il sistema di memoria abitudinaria entra in conflitto con il sistema di memoria prospettica: il genitore sale in auto con il bambino ma inserisce il “pilota automatico” per andare al lavoro, proprio perché questo fa parte della sua abitudine quotidiana.

Durante il tragitto dimentica di lasciare il bambino all’asilo, perché questa azione potrebbe non rientrare nello schema della sua routine. La memoria prospettica è inoltre fortemente influenzata dallo stile di vita: riuscire a ricordarsi di fare qualcosa nel futuro è inficiato dalla mancanza di sonno e dallo stress. 

Conclusioni

La sindrome del bambino dimenticato rappresenta quindi un’importante sfida, a cui chiunque potrebbe andare purtroppo incontro. È essenziale comprendere il suo funzionamento e prendere misure preventive per evitare conseguenze tragiche. La consapevolezza dell’esistenza di tale sindrome, unitamente all’applicazione delle leggi che richiedono l’uso di dispositivi anti-abbandono (decreto approvato nel 2019 dal Parlamento italiano), possono contribuire a ridurre i casi. L’obiettivo finale è proteggere la vita dei bambini e prevenire tragedie evitabili.

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Articolo a cura delle dott.ssa Michela Pagani psicologa e psicoterapeuta presso il centro di Saronno

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