“Che cos’è il sigillo della raggiunta libertà? Non provare più vergogna davanti a se stessi”

Friedrich Nietzsche

DI CHE COSA TI VERGOGNI?

La vergogna è un’emozione complessa che sorge in seguito all’auto-valutazione di un fallimento personale rispetto a standard, regole, scopi o modelli di comportamento condivisi.

Essendo spesso legata a esperienze che la persona percepisce come sbagliate, in cui non si è comportata come avrebbe dovuto o in cui il suo atteggiamento non è stato normale, ci comunica l’avvenuta o possibile compromissione della nostra buona immagine o stima di sé.

Se teniamo in considerazione questi aspetti, la vergogna ha un grosso impatto sulla nostra quotidianità in quanto determina come ci sentiamo nei confronti degli altri e regola il nostro comportamento, a volte è proprio per evitare di provare vergogna che decidiamo se fare o non fare qualcosa.

È come un campanello di allarme delle brutte figure, quando ci vergogniamo siamo dispiaciuti o impauriti di una nostra valutazione negativa da parte di altri o di noi stessi.

di cosa ci si vergogna

Ma di che cosa ci si può vergognare?

Praticamente di tutto: delle nostre caratteristiche fisiche o morali, delle nostre azioni volontarie o inconsapevoli, delle persone a noi vicine o anche di eventi a noi indipendenti. Ci si può vergognare anche di valutazioni negative assunte in via inferenziale o anche della semplice previsione del rischio di fare una brutta figura. Le occasioni per una persona portata a vergognarsi sono molte, e la possibilità di fare inferenze aumenta il numero delle eventualità.

Ci si può vergognare anche di circostanze che generalmente non sono fonte di imbarazzo ma possono comunque metterci nella situazione di percepire di essere valutati. Provare quest’emozione implica in questo senso anche una mancanza di tolleranza verso di sé e, di conseguenza, una bassa autostima che è tipica di chi vuole stare in secondo piano.

Ci avvolge così in un’aurea di negatività e autodisprezzo, facendoci sentire fragili e deboli, riponendo negli altri la valutazione di noi stessi e guardandoci solo attraverso lo sguardo altrui. 

La nostra esperienza quotidiana con la vergogna ci dice inoltre che possiamo vergognarci anche quando riceviamo dei complimenti, quindi anche se la buona immagine di sé non viene pubblicamente compromessa. Questo per tre ragioni fondamentali: il generale vergognarsi di fronte alle valutazioni; il vergognarsi per il sospetto che gli altri possano pensare che questo sia per noi motivo di vanità rendendoci persone poco modeste; il vergognarsi per il semplice fatto di pensare di non meritare le lodi degli altri.

Esiste una condizione dove la vergogna non sempre è presente, ed è quando si è sicuri di essere amati e quindi accolti e accettati in modo totale.

Un altro caso in cui non c’è vergogna è quando non ci importa di essere valutati bene dagli altri perché non ci preoccupa la loro stima, le persone fortemente indipendenti per esempio non sono molto sensibili a questa emozione.

A CHE COSA CI SERVE?

Come tutte le emozioni, anche la vergogna può essere utile. Ad esempio, a livello individuale perché la sofferenza che provoca ci informa dell’avvenuta o possibile compromissione della buona immagine o dell’autostima, a livello sociale poiché chi si vergogna dimostra di condividere certe norme o valori del gruppo sociale di appartenenza.

Si manifesta con segnali non verbali specifici, tendiamo spesso ad arrossire e ad abbassare il capo, guardando verso il basso e cercando di evitare lo sguardo degli altri. In queste situazioni la nostra reazione cognitiva esprime vissuti caratterizzati da espressioni come “mi vorrei sotterrare”, “vorrei fuggire più lontano possibile”, “non riesco a guardarlo in faccia”.

Con questi segnali corporei comunichiamo il dispiacere per aver violato una norma o aspettativa sociale, la nostra volontà di chiedere scusa, il non voler fronteggiare il gruppo e il cercare comprensione e indulgenza. In questa prospettiva, arrossire in pubblico o abbassare lo sguardo non sembrano uno svantaggio per il vergognoso e i suoi interlocutori ma anzi diventano segnali utili ad entrambi dal punto di vista biologico e sociale.

COME CONVIVERCI?

Come si fa a convivere con la vergogna? Come si può tornare visibili e ritrovare il proprio valore? Il primo passo consiste nel riconoscere e accettare che proviamo vergogna e che questa fa parte del nostro spazio emotivo.

Una volta identificata, possiamo poi riflettere sulle sue conseguenze, sul peso che ha nella nostra vita, in che modo ci limita e che cosa ci impedisce di fare.

Potremmo scoprire di essere diventati invisibili ai nostri occhi e che ci valutiamo secondo parametri determinati dagli altri. È conoscendoci, entrando in connessione con noi stessi e mostrandoci come siamo, che possiamo poi scoprire il cammino che desideriamo percorrere, in altre parole tornare a essere visibili.

Individuare la situazione che ha fatto scaturire il tutto sicuramente potrà aiutarci.

Questo punto di inizio sarà la chiave per comprendere la profondità della nostra ferita, ossia l’aver tradito noi stessi e l’aver creduto di aver deluso gli altri. L’obiettivo è quello di liberarsi delle aspettative, delle trappole mentali che ci impediscono di essere noi stessi e acquisire fiducia. Non siamo migliori o peggiori di altri e la soluzione non è paragonarsi, bensì riconoscersi e sentirsi validi.

Ad esempio riflettere attraverso il dialogo interiore che non esistono prove del rifiuto della società e che, comunque, non abbiamo bisogno dell’approvazione di tutti per vivere la nostra vita. Oppure correre volontariamente il rischio di provare vergogna, come consiglia Albert Ellis, psicoterapeuta precursore della terapia cognitivo comportamentale, con una serie di esercizi pensati per favorire l’auto accettazione.

Lo scopo è cercare di far provare alla persona esperienza diretta che, al di là di piccoli momenti di gaffe o défaillance, il proprio valore personale rimane inalterabile. Attribuendoci il giusto valore avremo meno bisogno dell’approvazione sociale e vivremo da persone più autentiche.

Bibliografia

  •  C. Castelfranchi (2017). Che figura. Emozioni e immagine sociale. Il Mulino
  • C. Darwin (1872). The Expression of the Emotions in Man and Animals. London Murray
  • C. Perdighe, A. Gragnani (2021). Psicoterapia cognitiva. Comprendere e curare i disturbi mentali. Raffaello Cortina Editore
  • A. Ellis (2013). Che ansia! Come controllarla prima che lei controlli te. Erickson

 

Articolo scritto dalla dott.ssa Pamela Ciociola Psicologa a Legnano presso il nostro centro

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