Questo articolo vuole essere uno specchietto introduttivo per i genitori che si approcciano per la prima volta al mondo dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA): in particolare verranno affrontate le aspettative ma anche i dubbi che accompagnano le madri e i padri di fronte alle difficoltà dei figli/e.

In seconda battuta troverete le informazioni necessarie per avviare e comprendere l’iter diagnostico ponendo attenzione agli aspetti emotivi dei bambini/e in questa fase. Infine saranno presentate alcune indicazioni su come maturare prima e mantenere poi un buon livello di motivazione circa lo studio e lo svolgimento dei compiti nei bambini/e con DSA.

Le aspettative dei genitori

Quando insieme ai genitori tratto la questione dei compiti dei figli mi capita sovente di vedere facce sconvolte, esauste o preoccupate, uno stato generale di sconforto. 

E questo accade perché le aspettative dei genitori sono generalmente distanti da ciò che accade nella realtà: solitamente prevedono (o sarebbe meglio di dire -desiderano-) che il figlio/a svolga i compiti seguendo costantemente le indicazioni dei testi o degli adulti, districandosi tra pause e richieste e che nel corso del tempo diventi sempre più autonomo/a. Nei casi di difficoltà di apprendimento (ma non solo) tutto ciò non avviene e questo porta ad uno stato di tensione e confusione sia nei bambini/e che negli adulti. 

Negli alunni/e con difficoltà specifiche nell’apprendimento le difficoltà sono oggettivamente maggiori rispetto agli altri compagni/e e questo vale a scuola come a casa, dunque ciò che accade invece è un mix tra distrazioni, rimproveri, richiami anche vigorosi e minacce.

Talvolta gli adulti (insegnanti e genitori) attribuiscono la causa di queste difficoltà (che siano nella lettura, nel calcolo o nella scrittura) alla pigrizia, al disinteresse, alla mancata voglia di impegnarsi.

La riflessione che vi porto è piuttosto questa: come reagireste voi se ogni giorno messi di fronte a delle prove falliste, sbagliaste o vi trovaste di fronte a richieste irraggiungibili? 

Quasi certamente perdereste interesse per l’esperienza stessa ed è ciò che noi confondiamo con pigrizia e inerzia. 

Eppure è intelligente!

Quando le ipotesi legate all’acuità visiva e alla sensibilità uditiva sono state verificate con esisto negativo il dubbio che assale i genitori è spesso legato all’intelligenza: come può riportare queste difficoltà nella lettura/scrittura/grafia/ortografia o nel calcolo nonostante abbia una mente sveglia e sagace?

Taluni arrivano a pensare che il loro interesse sia selettivo e che -faccia apposta- a disinteressarsi a tutto ciò che concerne la scuola e l’apprendimento. Preoccupazione ma anche un senso di disorientamento si fanno largo nella mente del genitore. 

Genitori e i disturbi specifici dell'apprendimento Breve Guida Introduttiva
Genitori e DSA Breve Guida Introduttiva

Le “difficoltà nell’apprendimento”

L’espressione -difficoltà nell’apprendimento- non è stata inserita causalmente: alcuni bambini e bambine possono manifestare per un tempo più o meno breve difficoltà nell’apprendimento per ragioni che convogliano nell’area emotiva, psicologica o relazionale (eventi traumatici, lutti, periodi di vita stressanti etc..).

Non dimentichiamoci che anche la richiesta didattica (ritmi serrati, aspettative eccessive, mancanza di strategie nello studio) può essere fonte di stress e può dunque ostacolare un sereno apprendimento.

Quando però le difficoltà aumentano e si presentano per un tempo prolungato, si evidenziano evitamenti, indifferenza, chiare opposizioni o aggressività su tutto ciò che è legato all’ambito scolastico è bene guardare in profondità e affrontare un percorso diagnostico. 

I disturbi specifici dell’apprendimento quali dislessia, discalculia, disortografia e disgrafia sono una caratteristica del bambino/a su una base neurobiologica, non dovuta ad altri fattori come una scarsa qualità dell’insegnamento, difficoltà emotive o problemi ambientali/famigliari.

Verso la diagnosi

Cosa comunicare in previsione di un accertamento diagnostico? Al bambino/a va detta la verità evitando confusivi e fraintendibili nomi tecnici. 

È buona cosa partire dal loro vissuto e dalla loro esperienza perciò si potrebbe affermare che:

 “Sicché ci siamo accorti che fai fatica nei calcoli, nella lettura o nella scrittura, siamo venuti a capire come poterti aiutare a fare meno fatica”. 

Perché è meglio non definirlo problema dicendo ad esempio “Abbiamo capito che hai un problema con i numeri, nella lettura etc..? Perché il problema rimanda poi al concetto di risolvibilità mentre abbiamo detto che i DSA sono una caratteristica neurobiologica che non è “risolvibile” (ma molto si può fare per aiutarli/e). Il termine “fatica” definisce invece la sua esperienza e la accoglie in quanto tale senza che giudizio.

Accogliere e accettare con consapevolezza che il proprio figlio/a ha un DSA non è cosa scontata: se da un lato alcuni genitori provano un senso di “liberazione” e sollievo (perché finalmente riescono a dare un nome alle tante difficoltà e alle frustrazioni riscontrate); dall’altra possono manifestare qualche resistenza e insistere nell’attribuire al figlio/a un generale senso di svogliatezza, furbizia o pigrizia. 

Cosa contiene una relazione diagnostica?

La certificazione di DSA viene effettuata da figure specialistiche deputate alla diagnosi quali neuropsichiatra infantile, logopedista e psicologo/a dell’ età evolutiva e solitamente può essere svolta solo dopo la fine della seconda classe della scuola primaria. Talvolta su sollecitazione di insegnanti e genitori viene richiesta fin dalla prima classe primaria poiché si evidenziano difficoltà nell’ apprendimento.

Se ciò accade è consigliabile un controllo specialistico: non si avrà ancora una diagnosi, ma sarà possibile iniziare con un intervento di potenziamento didattico precoce su consiglio e monitoraggio dello/a specialista.

Dunque, l’aiuto è fondamentale fin da subito e questo per evitare che il bambino/a viva l’ambiente scolastico e l’apprendimento attraversando fatiche insostenibili che se protratte nel tempo andranno a minare la sua autostima e il suo percorso formativo/evolutivo.

Se infatti il bambino/a abita con fatica, disagio, mortificazione e vergogna l’ambiente scolastico sarà sempre più portato/a a disinteressarsi e allontanarsi da quella specifica esperienza negativa. 

All’interno della diagnosi viene indicato nel dettaglio il tipo di DSA (utilizzando i codici ICD-10), i suggerimenti da mettere in atto e le informazioni necessarie per stilare un programma che preveda interventi educativi e didattici.

La Legge n. 170 dell’8ottobre 2010 riconosce i DSA e molte sono le iniziative promosse dal MIUR affinché si realizzino percorsi individualizzati e personalizzati nell’ambito scolastico (il PDP – Piano Didattico Personalizzato). Inoltre prevede l’utilizzo degli strumenti compensativi e l’applicazione delle misure dispensative.

Nel DM 5669 del 12/07/2011 si trovano tutte le indicazioni che le istituzioni scolastiche e gli atenei sono tenute a seguire per garantire il diritto allo studio degli alunni/e e degli studenti con DSA. 

dsa e genitori

Cosa dire al bambino/a con DSA: dare un nome alle loro difficoltà

I bambini e le bambine con DSA hanno il diritto di attribuire un nuovo senso alle loro difficoltà didattiche e alla dose di frustrazione emotiva sperimentata quotidianamente, per questo è corretto dire loro la verità prestando attenzione alle parole utilizzate. 

La comprensione da parte del bambino/a avverrà nel tempo e molto dipenderà dalla costanza con la quale i genitori e gli/le insegnanti sosterranno il nuovo percorso. 

Fare leva sulle caratteristiche di ognuno può essere una buona strategia: riconoscere in loro abilità e capacità in uno o più ambiti e allo stesso tempo conferire un nome alle difficoltà sosterà la sua autostima. Ecco un esempio (tra mille) di ciò che può essere detto. Voi utilizzerete le parole che maggiormente si abbinano alla vostra persona e alle possibilità di vostro/a figlio/a. 

 “Avrai notato anche tu che fai un po’ fatica nella lettura/scrittura/nel calcolo…ecco questa difficoltà si chiama dislessia… (o qualsiasi altro DSA). Dunque tu sei intelligente come gli altri, solo che in questa cosa farai un po’ più fatica mentre in altre vai alla grande. Tutti noi siamo un po’ così, capacissimi in qualcosa meno in altre. Ad esempio ti riesce benissimo…

Noi e le tue/i tuoi insegnanti ti accompagneremo affinché troverai un modo diverso di svolgere queste attività”.

Ansia e stress: come aiutarli?

Ogni novità così come ogni difficoltà porta con sé una certa dose di stress e questa esperienza accomuna la maggior parte di noi; i bambini/e e i ragazzi/e con DSA di fronte ad uno stress quotidiano (verifiche, interrogazioni, compiti, richiami etc..) possono manifestare sintomi più o meno evidenti legati all’ansia.

Attenzione: è fondamentale chiederci se anche noi genitori stiamo in qualche modo alimentando paure o preoccupazioni eccessive: se le fatiche di nostro figlio/a ci allertano e quindi attivano in noi ansia e stress sarà molto facile che queste vengano “colte/percepite” e poi “traferite” su di loro che già stanno sperimentando irrequietezza e disorientamento. “È importante quindi considerarsi non “causa” dell’ansia del proprio figlio/a, ma fondamentale risorsa e aiuto per facilitarlo nel superare il problema”.

Spesso capita che i bambini e le bambine con DSA credono che ci sia -qualcosa di sbagliato in loro – o – temono di non essere in grado di…-; in effetti, se di fronte a un testo le difficoltà nella lettura/scrittura o  nel calcolo sono quotidiane è assolutamente normale che sperimentino sgomento e frustrazione e se ciò perdura nel tempo, è altrettanto logico che di fronte a esperienze simili sopraggiunga ansia. 

È dunque di fondamentale importante nominare e legittimare le loro fatiche, così come la paura e l’ansia e offrire uno spazio in cui riporle, condividerle.

Un motore fondamentale: la motivazione

In questo articolo abbiamo parlato di come, a causa degli eccessivi errori o fallimenti, vi sia da parte dei ragazzi/e con DSA una perdita progressiva della motivazione. 

Come possiamo fortificare la motivazione dei nostri figli/e? Di seguito alcune indicazioni utili. 

1- Disfarsi dei commenti negativi, piuttosto sottolineare gli aspetti positivi. Vi sarete accorti che sottolineare le mancanze, intensificare i rimproveri, i ricatti o le minacce fa si che non si ottengano grandi risultati se non minare l’autostima di chi abbiamo di fronte. Sottolineare gli aspetti positivi quali l’impegno, il buon procedimento di lavoro; evidenziare il piccolo risultato anziché quanto c’è di sbagliato o mancante,  incentiverà i bambini/e a proseguire nello studio o nello svolgimento dei compiti.

2- Essere specifici. Utilizzare il termine “bravo/a” può non essere sufficiente e questo per due motivi: per prima cosa l’impegno non è sempre sinonimo della buona riuscita del compito (teniamo a mente le difficoltà), secondariamente non indica con precisione quale comportamento è stato adeguato e apprezzato. Complimentarsi specificando quanto svolto, indicare con esattezza in cosa è stato capace o gli/le è riuscito bene è un modo per sottolineare le sue competenze, gli eventuali miglioramenti, comportamenti da riproporre e ciò incentiva la sua motivazione (nonostante le fatiche e gli errori). Ed è cosa buona che ciò avvenga nell’istante stesso in cui notiamo i risultati ottenuti.

3- Adottando un pensiero che si focalizzi sull’impegno a fare un determinato compito anziché sul risultato dello stesso. Osservare l’impegno del bambino/a e premiare la sua responsabilità, la sua fatica, i suoi piccoli o i grandi risultati lo/la gratifica dal punto di vista personale e ciò non ha nulla a che vedere col voto o la buona riuscita del compito. 

4- Attenzione a non trasformare un complimento nell’ennesimo rimprovero. È molto facile cadere in questo tranello. Ad esempio: “Ottimo, oggi hai svolto correttamente i compiti e ti sei distratto poco! Ma io mi chiedo perché non fai sempre così e mi fai disperare?!” “Vedi che quando vuoi ci riesci?”.

5- Non promettete qualcosa di piacevole prima che si sia impegnato (es. facciamo una pausa solo se fai due esercizi). In questo modo trasmettiamo la convinzione che per ottenere ciò che vuole non è necessario l’impegno. È utile invece prima indicare cosa è necessario eseguire (anche piccolo e minimo, es. prendere lo zaino, sistemare i quaderni e fare un solo esercizio) e poi presentare il “premio”.

Conclusioni: guardateli con occhi nuovi!

Concludo indicando una questione da tenere a mente ed è rivolta a voi genitori. Dovete ricordare che di fronte a voi avete un bambino/a o un ragazzo/a nella sua totalità (con il suo stile di apprendimento, le sue emozioni, le relazioni, i desideri, le passioni etc..), dunque date priorità alle relazioni con voi genitori, gli altri adulti e con i pari. Non guardatelo solo nella sua veste di studente/studentessa, ma come un figlio/a (unico/a e irripetibile) con cui condividere momenti  di gioia, di rabbia, di noia ma anche esperienze e interessi. 

La comprensione dei DSA non può avvenire solo attraverso la formazione o l’informazione, ma nasce dall’ascolto del punto di vista di chi vive ogni giorno con un DSA.

Perciò, oltre alla costante applicazione degli strumenti, dei materiali e delle strategie; tentate di guardare i vostri figli/e con occhi nuovi, curiosi e meravigliati. Siate comprensivi ed empatici nei loro confronti perché questa può essere la strada per offrire loro la sicurezza necessaria per affrontare le difficoltà quotidiane.   

Bibliografia

G. Lo Presti, Nostro figlio è dislessico. Manuale di autoaiuto per i genitori di bambini con DSA, Erikson, Trento 2015. 

Articolo scritto dalla dott.ssa Cristina Veronese

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