Emozioni e corpo: la psicosomatica

Secondo le teorie evoluzionistiche le emozioni sono processi adattivi che ci permettono di sopravvivere: si tratta di attivazioni a carico di alcune parti del sistema nervoso centrale in risposta a determinati stimoli, che si esternano attraverso risposte somatiche. 

Non tutti, e non sempre, siamo educati a percepire e riconoscere le emozioni nel corpo. Proprio per questo, quando il corpo si esprime con delle attivazioni più forti e più pervasive, siamo portati a spaventarci e facciamo fatica a ricondurre il sintomo fisico ad un’informazione emotiva.

Basti pensare, ad esempio, all’attacco di panico che arriva improvvisamente in un momento in cui non ce lo aspettiamo e di cui, perciò, non ne riconosciamo immediatamente la causa scatenante.

La branca della medicina che pone in relazione il mondo emozionale ed affettivo con il corpo, è la Psicosomatica, che si occupa di rilevare e capire l’influenza che l’emozione esercita sul corpo e le sue affezioni. 

Il disturbo psicosomatico riveste un ruolo importante poiché evidenzia come il corpo sia un perfetto strumento di comunicazione di uno stato di sofferenza mentale o di disagio psicologico.

La sindrome di Stendhal

Un esempio di disturbo psicosomatico è la Sindrome di Stendhal, o anche chiamata Sindrome di Firenze: essa consiste in un effetto destabilizzante dato da una serie di risposte emozionali che può verificarsi quando ci si trova in luoghi in cui sono presenti opere d’arte.

La sindrome ha preso il nome dal famoso scrittore francese Stendhal (pseudonimo di Marie-Henri Beyle), il quale, amante dell’Italia, visitò Firenze nel 1817 e descrisse la propria reazione durante la visita alla Basilica di Santa Croce

Il nome “Sindrome di Stendhal” si deve alla dottoressa Graziella Magherini, psicanalista italiana, che nel 1989 lo descrisse in termini scientifici per la prima volta.

La sindrome di Stendhal è stata definita come un disturbo psicosomatico che insorge in alcuni soggetti sottoposti alla vista di opere d’arte particolarmente evocative (da dipinti ad affreschi, da statue e sculture ad opere architettoniche e monumentali). Alcune caratteristiche di un capolavoro artistico, in un determinato soggetto, in un determinato momento, possono acquisire un elevato significato emotivo.

Manifestazione

Tale sindrome si manifesta in maniera imprevedibile, come una sensazione di malessere diffuso, caratterizzato da uno stato confusionale, nausea, vomito, difficoltà respiratorie, allucinazioni, sensazione di svenimento e perdita di coscienza.

Alcuni soggetti avvertono l’urgenza di allontanarsi dall’opera d’arte e/o di distogliere lo sguardo dalla stessa, mentre altri restano a guardarla come persi in una sensazione estatica; altri ancora riferiscono di aver sperimentato vissuti depersonalizzanti e derealizzanti, come se si percepissero al di fuori del proprio corpo e della realtà. 

Impatto emotivo

Perciò l’impatto emotivo di un’opera d’arte su di un individuo è altamente soggettivo e determinato da fattori molteplici, alcuni dei quali individuabili nel presente della persona (fattori culturali, intellettuali, ascrivibili alla propria formazione estetica) ed altri più direttamente collegati a vissuti individuali di vita passata, in particolare alle prime esperienze emozionali dell’infanzia, che costituiscono il modello concettuale primario dell’esperienza estetica.

Da un punto di vista psicologico, l’esperienza estetica è caratterizzata soprattutto da meccanismi di identificazione: con l’artista (chi fruisce dell’opera assume il punto di vista dell’artista e vive di riflesso l’emozione della creazione della stessa) e/o con l’opera (o con il soggetto rappresentato nell’opera).

“Si animano vicende profonde della realtà psichica e si riattiva la vitalità della sfera simbolica personale. E il viaggio diventa pure, nelle sue soste tanto attese nelle città sognate, un’occasione di conoscenza di sé” (Magherini, 2003).

Studi recenti

È stato osservato che sarebbe difficile collocare questa sindrome in un quadro psicopatologico ben preciso a causa della molteplicità dei sintomi che la caratterizzano: in alcuni soggetti prevalgono infatti sintomatologie psicosomatiche, in altri, disturbi relativi ad un vissuto ansioso-depressivo o simili all’ansia tipica dell’attacco di panico, mentre altri soggetti ancora sperimentano episodi deliranti e allucinatori.

Mediante strumenti di Neuroimaging (disciplina utilizzata per la mappatura del sistema nervoso) è stato possibile individuare, durante l’esperienza, una forte stimolazione del sistema limbico connesso alla risposta istintiva ad uno stato ansioso, che non viene rielaborata dalla corteccia cognitiva. Questo spiega le connotazioni improvvise, irrefrenabili e incoercibili caratteristiche della pulsione. (Innocenzi et al., 2014)

Secondo il neurologo Semir Zeki, ogni soggetto è dotato di un “cervello artistico” e da ciò ne consegue che, ogni volta che ammiriamo un’opera d’arte, il nostro cervello non si limita a fare da spettatore all’opera, ma ricostruisce e rielabora l’immagine appena osservata.

Ad oggi, molte ricerche sono ancora in corso per meglio definire il fenomeno.

BIBLIOGRAFIA

Magherini G. (2003). La sindrome di Stendhal. Il malessere del viaggiatore di fronte alla grandezza dell’arte. Casa Editrice Ponte alle Grazie. Milano

Blum, H. P. (2017). Tributo a Graziella Magherini. I viaggi di Freud e la Sindrome di Stendhal. PsicoArt – Rivista Di Arte E Psicologia, 7(7). https://doi.org/10.6092/issn.2038-6184/7297

Innocenti, C., Fioravanti, G. Spiti, R. Faravelli, C. (2014) La sindrome di Stendhal fra psicoanalisi e neuroscienze, in Rivista di Psichiatria, 49 (2): 61-66

Ferrari S., Note per una psicologia della ricezione, in Psicoart n. 2 2011-12

Articolo scritto dalla dott.ssa Serena Gizzi Psicologa presso il centro di psicologia di Monza

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