COS’È IL CONTROLLO E A COSA SERVE

Il controllo si caratterizza per essere una strategia di gestione di situazioni percepite come problematiche. Pertanto non è di per sé una espressione patologica: tutti noi abbiamo un livello di controllo più o meno elevato nella vita. Controllare in generale ci consente di regolare i nostri pensieri e comportamenti, di adattarci e muoverci entro contesti sociali e comunitari. 

Possiamo immaginare il controllo come un continuum tra due poli estremi: da un lato l’iper-controllo e dall’altro il totale discontrollo. Se non avessimo una certa competenza nel controllarci, adotteremmo comportamenti totalmente impulsivi o disinibiti; oppure, all’opposto, avremmo una forte tendenza a iper-pianificare, essere molto inibiti, iper-controllanti nell’esprimere le nostre emozioni.

Il controllo dunque consente in buona misura di regolare gesti impulsivi; consente di programmare la propria routine quotidiana o strutturare una certa pianificazione relativa al futuro; consente di non impegnare energie e risorse eccessive.

È anche interessante da considerare che, nella nostra cultura, il controllo viene associato spesso al perfezionismo, alla prestazione efficiente ed efficace, alla “freddezza”, alla rigidità. Naturalmente queste caratterizzazioni non sono una verità assoluta: come in tutte le cose, anche nel descrivere il controllo subentrano una serie di stereotipi e luoghi comuni dettati dalla nostra cultura di appartenenza. 

QUANDO È DISFUNZIONALE

Riprendendo il concetto di continuum sopra esposto, possiamo considerare che il controllo disfunzionale si verifica quando andiamo agli estremi: quando controllare diventa eccessivo, esso porta a sofferenza emotiva e, paradossalmente, può esitare nel non riuscire più a controllare. In questo caso possiamo davvero rilevare perfezionismo patologico, preoccupazioni eccessive, sintomatologia ansiosa, pianificazione compulsiva, comportamenti e pensieri molto rigidi e così via.

“PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE”: CON L’IPER-CONTROLLO QUESTO NON FUNZIONA!

Spesso persone che tendono a controllare molto fanno del controllo una vera e propria filosofia di vita: se non controllo o se non prevengo il problema, soffrirò, starò male, succederà una catastrofe, non riuscirò a farcela. C’è quindi frequentemente una componente catastrofica irrazionale. 

Secondo Albert Ellis, uno dei padri della terapia cognitivo-comportamentale, la catastrofizzazione rientra tra le cosiddette “idee irrazionali” ossia a quei pensieri che sono caratterizzati da rigidità, inconsistenza logica e sono accompagnati da esperienze emotive molto spiacevoli nonché disfunzionali alla salute della persona.

Alcuni pensieri catastrofici di pazienti:

“Io cerco sempre di capire (controllare) cosa gli altri pensano di me perché ne va della mia autostima (catastrofe), non posso farne a meno”

“Quando parcheggio l’auto, sto attento (controllo) a metterla dietro a un camion molto grosso così che i colleghi non la vedano e mi giudichino (catastrofe) perché è così vecchia”

“Devo sapere ogni giorno (controllo su altra persona) cosa succede a mia figlia perché non si sa mai cosa può succedere (catastrofe), meglio sapere dove si trova e con chi è, quindi la chiamo due o tre volte al giorno di solito”

“Ho bisogno di pesarmi tutte le mattine perché devo sapere (controllo) se sono aumentata di peso (catastrofe)

“Ho messo al mio compagno la geolocalizzazione (controllo su altra persona) perché così so subito se mi sta tradendo di nuovo (catastrofe)

“Riguardo spesso se ho chiudo il gas (controllo) perché se è aperto la casa esplode (catastrofe)

Molte persone pensano erroneamente che prevenire una catastrofe mediante iper-controllo permetta di evitare o eliminare una sofferenza. Per queste persone diviene essenziale prevenire e annullare quanto prima qualsiasi forma o rischio di sofferenza e raggiungere una condizione di assoluta sicurezza. 

Il problema è che questa modalità si scontra con la realtà oggettiva: nella vita infatti è impossibile controllare tutto, ad esempio banalmente gli imprevisti si chiamano in questo modo proprio perché sono imprevedibili; inoltre non c’è alcuna certezza di poter non soffrire, non c’è nulla che ci assicuri una totale tutela e protezione; ancora, la certezza assoluta è un’illusione irrealizzabile.

IPER-CONTROLLO E TERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE

In psicoterapia cognitivo-comportamentale uno degli obiettivi di lavoro è scoprire che, se anche riduco il controllo, gli eventi tanto temuti e la sofferenza che li accompagna non solo a volte non si verificano proprio, bensì – se invece si verificano – non sono così terribili né intollerabili come li immaginavo.

È molto frequente trovare strategie di controllo in disturbi ansiosi, del comportamento alimentare oppure in disturbi di personalità e così via. Chiaramente non è semplice lavorare sulla riduzione dell’ipercontrollo, poiché implica esporsi all’ipotesi (temuta) di poter soffrire. Ulteriori obiettivi di terapia sono quindi imparare a tollerare la sofferenza e accettare l’incertezza che caratterizza l’esistenza umana.

BIBLIOGRAFIA

  • DiGiuseppe R. A., Doyle K. A., W. Dryden & Backx W. (2014). Manuale di terapia razionale emotiva comportamentale. Raffaello Cortina Editore.
  • Hayes S., Strosahl K. & Wilson K. (1999). Acceptance and Commitment Therapy: An experiential approach to behaviour change. New York: Guildford Press.
  • Sassaroli S., Lorenzini R. & Ruggiero G. M. (2006). Psicoterapia cognitiva dell’ansia. Raffaello Cortina Editore.

A cura di: Dott.ssa Silvia Bosio psicologa presso la sede di Saronno del centro Interapia

 

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