Motivazione e apprendimento scolastico

La motivazione allo studio può essere vista come quell’insieme di componenti che spingono un individuo ad avviare un processo di apprendimento intenzionale, per un certo intervallo di tempo e per raggiungere degli obiettivi o perseguire dei valori.

Ad esempio, quando la voglia di studiare è poca potreste trovare utile definire degli obiettivi specifici e a breve termine, come Giulio che domenica ha rinunciato ad uscire con gli amici “perché vuole ottenere la sufficienza nella verifica di matematica”; ma c’è anche chi preferisce pensare ad un futuro più lontano come Sofia che studia al liceo classico e il prossimo anno “vuole iscriversi alla facoltà di lettere” o come Marco che sta studiando alla facoltà di ingegneria “perché vuole diventare un bravo ingegnere come papà”. Giulio, Sofia e Marco si prefiggono delle mete per motivarsi nello studio.

Ma, avere degli obiettivi da raggiungere non è sufficiente per affermare di essere motivati. Ad esempio vediamo come potrebbero reagire Giulio, Sofia e Marco di fronte ad un insuccesso: “sono uno stupido, non ce la farò mai” si ripete Giulio da due anni a questa parte; “come al solito la versione di latino era troppo difficile” dice Sofia all’amica; “effettivamente non mi sono impegnato molto per preparare questo esame, per la prossima sessione mi impegnerò di più” commenta Marco quando legge di non aver passato Analisi I. 

Soffermiamoci sulle sensazioni che proviamo nel leggere di queste tre diverse esperienze, provando a calarci nei panni dei tre studenti: probabilmente molti di voi, nell’ultimo caso, avvertiranno un complessivo senso di positività ed entusiasmo nonostante l’insuccesso; negli altri due casi, invece, vi sentirete impotenti e in una situazione di stallo difficile da modificare. 

Nel prossimo paragrafo scopriremo cosa sta alla base di atteggiamenti così diversi.

 Le convinzioni

le strategie e motivazione di apprendimento legate alle convinzioni

Il Modello metacognitivo multicomponenziale (Cornoldi et al. 2005) mette in evidenza come il sistema motivazionale dello studente sia in gran parte determinato dalle sue convinzioni che vanno poi ad influire sulle capacità di autoregolazione, sull’uso di strategie e quindi sul suo successo nello studio.

Si intuisce come convinzioni disfunzionali influiscano negativamente sul processo di apprendimento, a vari livelli. Ma la buona notizia è che le convinzioni sono modificabili nel tempo purché lo studente sia disposto ad aumentare la propria consapevolezza e ad accettare di rivedere, in parte, la rappresentazione di sé come studente, ma non solo. Più avanti vedremo in che modo.

Ora analizziamo i tre tipi di convinzioni che orientano la motivazione allo studio: 

  1. teorie implicite dell’intelligenza (Dweck, 1999): si riferiscono a due percezioni contrapposte delle proprie abilità. Si parla di teorie entitarie quando l’individuo pensa di avere o non avere delle competenze, come un dato di fatto che si determina alla nascita e non più modificabile (“o hai quelle caratteristiche o non le hai”); all’opposto, un soggetto guidato da teorie incrementali penserà di avere delle capacità in continuo miglioramento e modificabili. Riprendendo gli esempi del paragrafo precedente, Giulio è guidato da una teoria dell’intelligenza entitaria, infatti afferma che l’insuccesso è dovuto  al suo “essere stupido”, è convinto di non essere intelligente;
  2. gli obiettivi: la motivazione può essere orientata alla prestazione o alla padronanza. Nel primo caso lo studente si pone degli obiettivi che lo portano a dimostrare qualcosa agli altri; nel secondo caso il soggetto mira al processo in sé: il fatto di sentirsi sempre più competente e in grado di padroneggiare una situazione è di per sé motivante;
  3. l’attribuzione causale (Weiner, 1985):riguarda le cause che uno studente individua per spiegare il proprio successo o fallimento. Si possono distinguere cause interne (es. “ho preso un bel voto perché mi sono impegnato”) o esterne (es. “ho preso un bel voto perché la verifica era facile”), cause controllabili (es. il livello di impegno) e incontrollabili (es. il caso, la fortuna), cause stabili nel tempo (es. la tenacia) o instabili (es. l’umore).

Gli stili attributivi e i campanelli d’allarme

L’interazione tra le tipologie di attribuzioni viste nel paragrafo precedente danno origine a diversi stili attributivi, cioè pattern di risposta a successi e insuccessi che si stabilizzano nel tempo, non perché siano di per sé immodificabili, ma per il fatto che il soggetto tenderà a cercare situazioni di apprendimento che confermino tali convinzioni di partenza.

Quando uno studente si cimenta per diverse volte in un compito ottenendo ogni volta scarsi risultati, potrebbe iniziare a pensare di non poter riuscire ad avere il controllo della situazione, alimentando così il circolo vizioso dell’impotenza appresa dove eventuali altri insuccessi non faranno altro che confermare la sua convinzione di non essere capace.

Lo stile a cui ogni studente dovrebbe mirare è lo stile impegno che fa dell’insuccesso la fonte di motivazione per ritentare e fare di meglio. Questo è possibile quando lo scarso risultato è attribuito ad una causa interna, modificabile e controllabile, come la mancanza di impegno. Ne è un esempio il caso di Marco che abbiamo visto nel primo paragrafo. 

Tuttavia, molti di voi avranno vissuto direttamente o indirettamente momenti di vita scolastica tutt’altro che entusiasmanti ed è importante che insegnanti e genitori prestino attenzione ai segnali che potrebbero essere spia di pattern disfunzionali e che potrebbero condurre ad un importante disagio psicologico.

  • Ad esempio, bisogna prestare attenzione quando lo studente tende ad attribuire le difficoltà scolastiche a cause esterne e non controllabili, come il caso o la fortuna e si mostra rassegnato e poco fiducioso nelle proprie capacità (stile pedina);
  • oppure quando lo studente si mostra sicuro di sé (es.”io non sbaglio mai”), evita di impegnarsi, non per rassegnazione, ma per proteggere la sua convinzione di essere bravo, prevalgono vissuti di rabbia e, a fronte di un insuccesso, la colpa è collocata all’esterno di sé (insegnanti, compito) (stile negatore);
  • infine, è un segnale d’allarme quando lo studente tende ad attribuire gli insuccessi a cause interne (es. abilità, capacità) e i successi a cause esterne (es. facilità del compito), con relativi vissuti di depressione, vergogna e inadeguatezza (stile impotente).

Come si valutano le convinzioni?

In ambito scolastico è particolarmente interessante riflettere sulle interpretazioni degli insuccessi (es. difficoltà in fase di studio, brutto voto, bocciatura) e sulle emozioni connesse perché da lì si può partire per pianificare un intervento che accompagni lo studente a disinnescare risposte automatiche disfunzionali.

Oltre al colloquio, esistono alcuni strumenti costruiti ad hoc per la valutazione degli aspetti motivazionali; ad esempio, il Questionario sulle convinzioni (QC), un subtest presente sia nell’AMOS 8-15 (Cornoldi et al., 2005) sia nell’AMOS (De Beni et al. 2014) e va ad indagare i pattern di credenze che si attivano nello studente durante l’apprendimento scolastico.

Può essere utile somministrare altri subtest della stessa batteria per indagare ulteriori aree connesse allo studio e pianificare così un intervento che tenga conto di vari aspetti implicati nello nel processo di apprendimento, come strategie, autoefficiacia, prove di studio. 

Come si può intervenire?

Come sempre, quando si parla di età evolutiva, è consigliabile un approccio che tenga conto di tutti gli attori coinvolti. Può essere utile sensibilizzare genitori e insegnanti perché molto spesso trasmettono, attraverso feedback e modalità di interazione quotidiani, convinzioni entitarie e obiettivi orientati alla prestazione che poi si strutturano nel bambino come pattern emotivo-motivazionali disfunzionali. Inoltre, gli studenti andrebbero aiutati, secondo un orientamento meta-cognitivo, a riflettere sulle proprie scelte di apprendimento e sui motivi che li orientano per attivare consapevolezza e responsabilità.

In un contesto individuale, invece, il professionista può intervenire per modificare gradualmente le convinzioni disfunzionali sottostanti; in particolare è importante far sperimentare dei successi e guidare lo studente nel riconoscere come l’impegno strategico sia stata la causa principale di tale risultato. 

Articolo a cura della dott.ssa Daniela Besseghini

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