Violenza e discriminazione nella popolazione transessuale

Giugno è il Pride Month, dedicato alla promozione dell’autoaffermazione e della dignità della comunità LGBTQ+. È stato scelto il mese di giugno non a caso, il 28 giugno 1969 la polizia irrompe in un bar gay di New York lo Stonewall Inn dando inizio ad una serie di violenti scontri tra gruppi di omosessuali e le forze dell’ordine. Queste rivolte presero il nome di moti di Stonewall.

Nonostante i numerosi traguardi raggiunti in questo campo, le disuguaglianze e le discriminazioni persistono; per questo motivo è sempre più importante la diffusione di una cultura psicologica su questi temi.

Pride Month e i crimini di odio

I dati relativi ai crimini di odio perpetrati verso transessuali indicano che il 98% di questi sono rivolti a transessuali Male-to-Female (Currah e Minter, 2000).

Il termine “transfobia” è usato per descrivere il pregiudizio e la discriminazione nei confronti di persone che deviano dalle rigide aspettative della società relativamente al genere; indica la paura, il disprezzo, l’emarginazione e l’isolamento di coloro la cui identità di genere non corrisponde al sesso biologico assegnato al momento della nascita. Oggetto di tale atteggiamento e comportamento discriminatorio sono appunto i transessuali e più in generale, i transgender.

Vittime di violenze

Essere transessuali è nella società odierna una condizione di vulnerabilità che può portare ad essere vittima di violenze. Per quanto riguarda le specifiche tipologie di violenze subite dai transessuali, possiamo innanzitutto distinguere tra abusi fisici, verbali e sessuali; questi possono essere perpetrati a livello domestico; infatti, sono molti i casi in cui i transessuali si allontanò da casa per la reazione dei familiari, sul posto di lavoro, dalle forze dell’ordine, interpretato come un abuso di potere, e dalla società in generale (Amnesty International, 2006). Gli atti violenti possono avere lo scopo di ferire parti del corpo o coinvolgere qualsiasi espressione dell’identità di genere (indumenti, trucco, capelli) (Goldberg, 2006).

Pride

Vittime di abusi sessuali

Il Transgender Sexual Violence Project condotto da FORGE nel 2004, trovò che il 29% dei partecipanti era stato vittima di abuso sessuale da parte del partner e il 40% da parte di un membro familiare.

I dati sono tuttavia limitati, perché la paura di essere sottoposti ad ulteriori abusi o ridicolizzazione porta le vittime a non denunciare i fatti alle autorità competenti.

Nonostante le violenze subite, molti transessuali sono riluttanti nel chiedere assistenza a causa di passate esperienze di discriminazione da parte dei servizi di assistenza sanitaria e sociale. Uno dei principali ostacoli all’accesso ai servizi antiviolenza è l’adesione di questi alle convenzioni di genere e chiunque non vi rientri ne viene escluso. Ci sono poi dei servizi antiviolenza esclusivamente per transessuali o che li accettano a condizione che non esprimano la loro identità di genere e anche quando questi vengono accettati, raramente trovano personale preparato ad affrontare le problematiche transessuali.

La società in cui viviamo e il Pride Month

Non tutti gli individui transessuali però sperimentano violenze esplicite e manifeste, per molti altri, vivere quotidianamente in una società che non accetta e non comprende la loro identità, diventa una fonte di stress insormontabile e ad aggravare questa situazione ci sono le varie forme di discriminazione sociale.

La forma più intenzionale di discriminazione consiste in una discriminazione consapevole e giustificata dalla credenza per cui i transgender non meriterebbero gli stessi trattamenti riservati al resto della società. Proprio per questo, tale forma è tra le più pericolose e può creare ostacoli insormontabili lungo il percorso di vita di queste persone.

Pride Month contro le discriminazioni

La discriminazione involontaria invece, è una condizione piuttosto comune e consiste nel non considerare o addirittura negare l’esistenza, i bisogni e le esperienze dei transessuali. Costituisce una forma non intenzionale dato che in realtà non è presente la volontà e l’intento di commettere un’ingiustizia, ma gli effetti sono comunque dolorosi e distruttivi. La condizione transessuale comporta problematiche sociali che hanno il loro culmine durante il periodo di transizione.

Una lotta continua

Dal momento che i transessuali rivelano la loro nuova identità si potrebbero trovare ad affrontare molteplici situazioni di sofferenza, incluse la perdita del lavoro, degli amici, della comunità etno-culturale e religiosa e perfino l’abbandono da parte della famiglia.

Il fatto di essere percepiti come persone di un sesso che si stanno comportando come fossero dell’altro, induce negli altri uno spettro di reazioni che possono andare dal disagio, alla violenza, passando attraverso discriminazione, insulto ed irrisione.

Le persone transessuali propongono un modello di esperienza della vita diverso dal comune che mette in crisi la norma per cui i maschi sono maschi e le femmine sono femmine.

Il bisogno di proteggere lo status quo e di evitare di mettere in crisi il proprio equilibrio, spinge ad assumere atteggiamenti espulsivi e discriminatori nei confronti di chi non rispetta la norma (www.onig.it).

Pride Month e libertà

Le persone che non sono ancora pronte a rivelare la loro identità di transessuali sperimentano che l’occultamento della loro storia causa difficoltà nell’intimità e alienazione sociale, e questo è ancor più vero per i transessuali che hanno già concluso il percorso di transizione.

Coloro che invece sono totalmente aperti e pronti a parlare dell’esperienza transessuale, possono comunque provare una sensazione di isolamento dovuta alle differenze nella storia e nel percorso di vita che emergono dal confronto con pari non transessuali.

Le persone transessuali che sperimentano questo senso di isolamento sociale possono cercare il supporto della comunità transgender o, al contrario, evitare ogni legame con questa nel tentativo di normalizzare le proprie vite secondo le vigenti norme sociali (Bockting, Knudson e Goldberg, 2006).

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