“Chi pensa troppo spesso al fallimento lo pianifica” (Nitro)

L’effetto Pigmalione o effetto Rosenthal, dal nome dello psicologo tedesco che per primo lo ha studiato, è un meccanismo di suggestione psicologica secondo il quale le aspettative di altri significativi influenzano i risultati che una persona ottiene.

Tale effetto prende il nome dall’antico mito greco di Ovidio narrante la storia dello scultore Pigmalione, il quale, totalmente sprezzante nei confronti dell’amore, viene punito dalla dea Afrodite e condannato ad innamorarsi di una statua da lui creata, Galatea.

Dopo tanta sofferenza per un amore non corrisposto, Pigmalione implora la dea che, mossa da pietà, trasforma la statua in una donna vera.

Tale effetto, quindi, che può anche essere definito come profezia che si autoavvera, descrive l’influenza che ha sui nostri comportamenti il desiderare qualcosa a tal punto da fare in modo che ciò si avveri. In questo senso, le aspettative influenzano inconsapevolmente comunicazione e comportamento e, di conseguenza, anche le risposte e i comportamenti altrui.

L’esperimento del 1965

Lo psicologo Rosenthal, nel 1965 condusse un esperimento di psicologia sociale all’interno di una scuola elementare per studiare proprio l’effetto dell’aspettativa dell’insegnante sul rendimento degli alunni, con l’intento di verificare se quest’ultima potesse essere più rilevante della classe frequentata, delle abilità di partenza e di altre variabili inerenti sesso ed etnia.

All’interno di questo esperimento, lo studioso sottopose ai bambini di una classe un test d’intelligenza fittizio, comunicando agli insegnanti poi, in maniera del tutto casuale, ma facendo credere che l’esito fosse correlato ai test, quali fossero gli studenti ritenuti più intelligenti.

Un anno dopo, Rosenthal, tornato in quella scuola, scoprì che i ragazzi identificati in modo randomico come i più intelligenti avevano effettivamente migliorato in media il loro rendimento scolastico molto più dei compagni non segnalati.

Tali risultati vennero letti ed interpretati come effetto dell’incoraggiamento e del sostegno che gli studenti avevano ricevuto dagli insegnanti, che, credendoli più dotati, li avevano maggiormente stimolati, ottenendo di fatto il risultato di avere effettivamente studenti più dotati.

Detto in altri termini, le aspettative iniziali, seppur basate su dati totalmente fittizi e falsati, innescano reazioni tali per cui viene indotto il comportamento ipotizzato al principio.

In questo senso, le aspettative verso il comportamento dell’altro possono divenire delle vere e proprie profezie che si autoavverano.

L’effetto Pigmalione negativo o effetto Golem

L’effetto Pigmalione ben si applica alle aspettative positive e costruttive, ma funziona in modo analogo anche per quanto riguarda le aspettative negative, nel senso che aspettative di sfiducia che sottendono l’idea che l’altro possa non farcela, può portare molto più facilmente il destinatario di tali aspettative ad esprimere capacità nettamente inferiori rispetto al suo potenziale.

In altri termini, le aspettative e i preconcetti negativi delle persone intorno a noi possono convincerci di avere dei limiti, andando ad impattare in modo tutt’altro che costruttivo sul nostro futuro e sulla nostra capacità di fissare e raggiungere obbiettivi. In questo modo, si finirà con l’identificarsi con l’immagine negativa che il mondo esterno riflette, incarnandola, consapevolmente o meno, appieno.

Per quanto possa essere facilmente immaginabile l’effetto negativo che ha l’avere intorno a sé persone che non credono nelle nostre capacità, forse meno intuitivo è l’effetto altrettanto negativo che possono avere sul sé anche alcuni tipi di aspettative positive.

Il lato oscuro delle aspettative positive

Infatti, analogamente al Pigmalione del mito, che aveva creato la donna dei suoi sogni a proprio gusto e piacimento, senza lasciarle cioè alcuno spazio di libertà di essere chi avrebbe voluto, il sentire riposte su di sé aspettative, che, per quanto meravigliose e belle possano essere, riflettono desideri e speranze altrui, può essere l’inizio di una vita vissuta per far felici gli altri e mai se stessi.

Ne è un esempio la scelta scolastica prima e lavorativa poi di tanti ragazzi che cercano di colmare le mancate realizzazioni dei propri genitori, senza però seguire le proprie vocazioni, inclinazioni e desideri.

Anche il riporre nell’altro aspettative eccessive, stressanti e irrealistiche può portare da un lato ad un carico di ansia e tensione costante che porta a tutto tranne che a raggiungere i propri obiettivi, ma, dall’altro, anche a tutta una serie di fenomeni di procrastinazione ed evitamento, con l’idea di non rischiare di doversi poi scontrare con la realtà di non riuscire e, quindi, di non essere poi “così bravi” come gli altri invece hanno sempre pensato e sostenuto.

In altri termini, se è vero che qualcuno pensa che tu sia scarso, questo ti toglie potere e finisci con il pensare di non farcela, è altrettanto vero che, quando le aspettative di essere sempre bravo e di fare sempre cose meravigliosamente belle sono eccessive, questo spaventa, blocca la possibilità di azione per terrore di sbagliare o toglie ambizione e volontà di azione (“tanto anche il non fare nulla, visto che lo faccio io, che sono meraviglioso, è meraviglioso tanto quanto”).

E allora?

Per poter far sì che l’effetto Pigmalione venga veramente utilizzato a vantaggio e non a nocumento, occorre che le aspettative non siano tanto formulate in termini di etichette che si appiccicano all’altro in qualità di tratti stabiliti, monolitici e immutabili (“sei bello … bravo … intelligente … capace” vs. sei brutto … cattivo … stupido … incapace”), quanto

piuttosto in termini di possibilità: “se questo è ciò che vuoi e che desideri, allora so che puoi ottenerlo, so che ti puoi migliorare in tal senso, so che puoi arrivare dove tu vuoi”.

Se nel primo caso il rischio è quello di finire per convincersi visceralmente che le proprie abilità, la propria intelligenza e i propri talenti siano dei tratti fissi oltre ai quali non si possa andare, annichilendo cioè possibilità di miglioramento e di esplorazione di ulteriori modi di essere (“se non prendo più tutti 9 a scuola allora non sono più bravo e allora non so più chi sono”); nel secondo caso invece si pone l’accento su ciò che l’altro veramente desidera ottenere, su quali siano le sue inclinazioni, i suoi desideri e obiettivi, riponendo le proprie aspettative nel fatto che possa farcela ad arrivare dovunque voglia.

Il ruolo delle figure educative a scuola (ma non solo)

Le aspettative che gli altri hanno su di noi (e noi sugli altri) sono determinanti sempre, lungo tutto l’arco della vita, ma assumono un’importanza vitale in particolar modo quando il destinatario di tali aspettative è nelle prime fasi dello sviluppo e rappresentano un elemento determinante del processo educativo in quanto, come abbiamo visto, hanno il potere di influenzare i bambini in un senso o nell’altro.

In questo senso, risulta essere fondamentale che le figure con un ruolo educativo conoscano gli effetti delle aspettative e riescano ad usarle quanto più consapevolmente, focalizzandosi sullo stimolare i bambini e ragazzi a fare del loro meglio, credendo che possano raggiungere ciò che desiderano, senza porre loro a priori paletti e vincoli, nonché senza proiettare su di loro aspettative proprie.

Al contrario, se, ad esempio, gli insegnanti dovessero ritenere, anche in modo inconsapevole, un bambino non dotato, lo tratteranno di conseguenza finché il bambino non percepirà tale giudizio e vi si identificherà, andando a realizzare proprio queste aspettative di insuccesso e ad alimentare una spirale di giudizi negativi rispetto al rendimento atteso. Quell’aspettativa di non capacità iniziale finirà così per influenzare ciò che il bambino pensa di sé, divenendo un aspetto identitario.

Per poter ovviare a ciò, gli insegnanti, e in generale tutte le figure con ruolo educativo, dovrebbero prestare ben attenzione ad eventuali bias cognitivi pregiudizi relativi a certi tipi di bambini/ragazzi (diagnosi di DSA, origini culturali, famiglie di provenienza ecc…), tenendo bene a mente che si tratta di una propria valutazione sulla base di propri vissuti che però non dice nulla rispetto all’unicità della persona specifica che si ha davanti.

Per poter portare alla consapevolezza tali vissuti, nonché eventuali emozioni di rifiuto, rinuncia o aspettative di successo proiettate sull’altro, sarebbe utile, dal momento che spesso tutto ciò opera in modo involontario, effettuare percorsi di supervisione e sostegno con professionisti ad hoc, in modo da non agire ciò che si sente e pensa al di fuori del proprio raggio di consapevolezza.

E nelle relazioni affettive?

La portata dell’effetto Pigmalione non si esaurisce al solo aspetto educativo, ma può essere declinato anche nelle relazioni affettive.

Quando di cerca di cambiare il proprio partner, ad esempio, vengono messe in campo proprio tutta una serie di aspettative personali che tendenzialmente poco o nulla hanno a che vedere con l’altro, ma che finiscono con l’influenzarlo.

Così come lo scultore Pigmalione modellava a proprio gusto e piacere Galatea, così una persona può far fatica ad apprezzare il proprio partner per la persona che è, ma rimane focalizzata, più o meno consapevolmente, per la persona che potrebbe diventare. In questo caso si parla anche di amore progettuale, poiché insita in tale relazione vi è la volontà di modificare l’altro per renderlo più come lo si vorrebbe.

Sulla base di quanto detto più sopra, viene forse più semplice immaginare quanto questo tipo di relazioni possano portare ben poca soddisfazione da entrambe le parti: da un lato chi si confronta con la propria irraggiungibile aspettativa inizierà a provare delusione e frustrazione costante, riuscendo sempre meno ad apprezzare il proprio partner per la persona che è, dall’altro chi si trova investito di tali aspettative finirà con il non riuscire più a tollerare tale confronto continuo tra realtà e idea, reclamando sempre più a gran voce la propria individualità con tutto il personalissimo corollario di pregi e non.

In questi casi, cioè quando non si accetta l’altro nella propria soggettività unica, ma si cerca di cambiarlo, sarebbe necessario rendersi conto di quanto l’esigenza di correggere l’altro corrisponda ad un bisogno del singolo e non ad una priorità della coppia, cercando di capire il come mai di tale desiderio di incanalare l’altro in etichette di come dovrebbe essere, perdendosi la libertà di vivere l’altro per la persona che è, permettendosi di stupirsi delle mie sfaccettature del suo essere e “limitandosi” a sostenerlo nel raggiungere ciò che desidera.

Bibliografia

Brown, R. “Psicologia sociale dei gruppi”, Il Mulino, 2000

Cecchi, C. “Il ruolo delle aspettative, l’Effetto Rosenthal” https://youtu.be/RCLoDBVa6-U

Dweck, C. S. (2006). Mindset: The new psychology of success. Random house.

Mazzotta, M. (2015). Come educare alla creatività. Youcanprint.

Merton, R.K. (1970). La profezia che si autoavvera

Prinzivalli, G. Ruolo dei genitori e modelli educativi per aumentare la motivazione e l’autoefficacia degli studenti.

Rosenthal, R.& Jacobson, L. (1968). Pygmalion in the Classroom. The Urban Review, 3(1), 16- 20.

Stoichita V. (2006) “L’effetto Pigmalione. Breve storia dei simulacri da Ovidio a Hitchcock”. Milano: Il Saggiatore.

Articolo Scritto dalla dott.ssa Ilaria Loi psicologa e psicoterapeuta presso il centro di Legnano

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