Il periodo delle feste natalizie, si sa, è caratterizzato da ricchi pasti in famiglia che possono mettere seriamente in difficoltà chi soffre di un disturbo del comportamento alimentare, che sia anoressia, bulimia, binge eating o obesità.

Può infatti diventare una vera tortura dover stare per così tanto tempo a contatto con un elemento, il cibo in questo caso, con cui non si riesce ad avere un rapporto sereno: proviamo a pensare cosa possa significare per una persona che rifiuta il cibo stare a contatto con esso per così tanto tempo, magari fingendo di non avere alcun tipo di difficoltà ostentando felicità e falsi sorrisi, oppure proviamo ad immaginare la paura di perdere il controllo e il senso di inadeguatezza sperimentate da chi soffre di abbuffate compulsive.

Il tutto reso ancora più difficile dalla presenza di tante persone, che non sanno della personale sofferenza degli altri, talvolta indiscrete e che non risparmiano commenti sul modo di rapportarsi al cibo o sull’aspetto fisico dei commensali, rendendo il momento del pasto ancora più ostico.

Come viene sperimentato il pasto da chi soffre di disturbi del comportamento alimentare

Le persone con modalità restrittive iniziano già da prima del momento del pasto a pensare a quanto cibo ci sarà sulla tavola e a come poter limitare le calorie assunte, sperimentando una forte ansia non solo durante il momento del pasto ma anche prima, in forma anticipatoria. Ciò che solitamente può essere visto come un piatto prelibato, per chi soffre di anoressia o bulimia questo equivale ad un eccesso di grassi e calorie e, di conseguenza, ad una possibile distorsione del loro corpo, di cui ovviamente hanno un’immagine alterata. Diventerà molto faticoso per loro cercare di ridurre le quantità di cibo assunte, cercando di non lasciar trasparire il loro disagio, mentre gli altri le inviteranno a mangiare di più.

Chi è caratterizzato dalla variante bulimica, cioè mette in atto comportamenti come vomitare o assumere lassativi dopo i pasti, andrà inevitabilmente incontro ad un peggioramento della sintomatologia: oltre all’ansia del sentirsi costretto ad ingerire una quantità di cibo superiore a quella desiderata, incrementerà anche i comportamenti compensatori sopra descritti, per cercare di ridurre gli effetti sul proprio corpo dell’eccesso di calorie assunte.

Le persone caratterizzate da modalità di alimentazione incontrollata iniziano invece a programmare strategie per cercare di limitarsi nell’assunzione di cibo, di non perdere il controllo e di assumere quantità di cibo considerate nella norma, cercando anche di evitare facili commenti o battutine sul possibile eccesso di cibo consumato. Anche in questo caso naturalmente il momento del pasto viene approcciato con terrore e angoscia, con la paura di non essere in grado di fermarsi o controllarsi e con la pura di ciò che potrebbero dire o pensare gli altri.

Le emozioni sperimentate

Le emozioni solitamente sperimentate da chi soffre di disturbi del comportamento alimentare, prima, durante e dopo i pasti come quelli del periodo natalizio, sono le seguenti:

  • Rabbia, legata al sentirsi diversi dagli altri, al sentirsi obbligati ad essere posti davanti ad un vicolo cieco, ad una situazione che si preferirebbe evitare, legata al non sentirsi in grado di gestire situazioni che per altri sembrano essere normali;
  • Ansia, sia in forma anticipatoria prima del pasto sia durante il pasto, legata alla paura di non saper gestire in maniera efficace quel momento, al sentirsi inadeguati e alla possibile esposizione al giudizio degli altri;
  • Vergogna per il proprio problema, per il doversi mettere a nudo su una difficoltà che si preferirebbe nascondere;
  • Senso di colpa, legata al sentirsi sbagliati e responsabili dell’incapacità di affrontare serenamente il momento del pasto;
  • Tristezza legata ai pensieri di inefficacia e inadeguatezza, percepita più forte del solito poiché entra in contrasto con l’aspettativa di emozione gioiosa che viene solitamente associata al Natale.

Le festività possono essere un momento difficile per le persone che soffrono di disturbi alimentari,

Le festività possono anche essere un periodo emotivo per molte persone, poiché possono evocare ricordi, sentimenti di solitudine o di separazione e altre emozioni difficili.

Per le persone con disturbi alimentari, queste emozioni potrebbero essere ulteriormente complicate dalla pressione di aderire a determinati comportamenti alimentari o di conformarsi a determinate aspettative di peso o di forma del corpo. Potrebbero anche sentirsi sotto pressione per mantenere una particolare immagine di sé durante le festività e questo potrebbe contribuire a un aumento dello stress e dell’ansia.

È importante che le persone che soffrono di disturbi alimentari abbiano un piano in place per affrontare le festività in modo sicuro e sostenibile per la loro salute mentale e fisica. Ciò potrebbe includere:

  • Parlare con un terapista o con un amico di fiducia
  • Stabilire dei limiti sani in relazione al cibo e alle festività
  • Cercare il sostegno di un gruppo di supporto o di una rete di sostegno

 

Come affrontare le difficoltà?

Sicuramente tenersi tutto dentro senza condividere il proprio malessere non aiuta. Al contrario, avere poche persone di fiducia con cui ci si possa sentire liberi di esprimere le proprie emozioni e i propri pensieri senza sentirsi sbagliati, inadeguati o in colpa per il problema con cui ci si sta confrontando ne alleggerisce il peso. Se poi si tratta di persone che saranno presenti al momento del pasto ancora meglio, poiché si possono mettere a punto delle strategie per farsi aiutare, come per esempio farsi sostenere se si ha bisogno di allontanarsi da quel contesto o distrarre i commensali che fanno commenti sull’aspetto fisico o su quanto si mangia.

Tra l’altro è fondamentale accorgersi delle emozioni che si stanno provando e dare ad esse voce e significato, proprio per evitare di cadere nella reazione automatica dell’abbuffata o dell’evitamento del cibo: in questo modo si saprà qual è il vero problema di cui occuparsi, senza bloccarlo e concentrarsi solo sul cibo (il comportamento alimentare problematico è la conseguenza del problema, non il problema in sé).  

È inoltre importante anche imparare a dare il giusto perso alle cose: se anche non vengono rispettati i soliti criteri di assunzione del cibo per un giorno solo, non si tratta assolutamente né di una sconfitta né di un segnale di debolezza. Si è fatto del proprio meglio per affrontare una situazione difficile, considerando che una singola eccezione o un singolo comportamento al di fuori degli schemi non vanifica tutti gli sforzi fatti prima. Non si tratterebbe quindi di ricominciare tutto dall’inizio ma di affrontare una difficoltà compatibilmente con le condizioni di quel momento.

E poi per fortuna il Natale non è solo cibo ma anche tanto altro, per cui un’altra strategia è quella di provare a concentrarsi anche su altri aspetti delle festività.

Psicoterapie per i disturbi alimentari

Le psicoterapie possono essere efficaci nel trattamento dei disturbi alimentari e possono essere utilizzate da sole o in combinazione con altre forme di trattamento, come la terapia farmacologica o il supporto nutrizionale. Alcune delle psicoterapie più comunemente utilizzate per il trattamento dei disturbi alimentari includono:

  1. Terapia cognitivo-comportamentale (TCC): si concentra sull’identificazione e il cambiamento dei pensieri e dei comportamenti disfunzionali legati al cibo e al peso.
  2. Terapia dell’accettazione e dell’impegno (ACT): mira a aiutare le persone a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e a imparare a gestire le emozioni difficili in modo più sano.
  3. Terapia interpersonale (IPT): si concentra sulla risoluzione dei problemi interpersonali e sulla gestione delle relazioni e delle emozioni legate alle relazioni.
  4. Terapia di gruppo: può essere utile per fornire sostegno e incoraggiamento durante il trattamento dei disturbi alimentari.

Il tipo di psicoterapia più efficace dipenderà dalle esigenze individuali della persona e dal tipo di disturbo alimentare che stanno affrontando. Si consiglia di parlare con un professionista della salute mentale qualificato per determinare qual è il trattamento più appropriato per le proprie esigenze.

 

Articolo scritto dalla dott.ssa Annarita Scarola

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