“Le radici della resilienza sono da ricercarsi in quella sensazione di
essere compresi e presenti nella mente e nel cuore di un altro
che ci ama, che è sintonizzato e che è padrone di sé”
DIANA FOSHA

Se ci chiedessero di elencare le caratteristiche che vorremmo possedesse il nostro, o la nostra, partner probabilmente potremmo trovarne diverse, a livello immaginativo tutto è lecito e perché non abbondare?!

Eppure, ai fini di una relazione sentimentale (ma anche amicale!) sana ed equilibrata, ce ne sarebbe una fondamentale da collocare in cima alla lista: la sicurezza. 

Cosa significa sicurezza? 

Ci sono vari accezioni del termine sicurezza. Quando ci riferiamo a soggetti sicuri intendiamo spesso

  • persone sicure di sé, consapevoli delle proprie capacità e possibilità;
  • persone che si muovono con dimestichezza nei contesti sociali, che non sembrano intimidite dalle relazioni;
  • persone che non si sentono messe in discussione se qualcuno muove loro delle critiche, ma che sono in grado di ascoltare e valutare punti di vista differenti; 
  • persone a proprio agio con ciò che provano e in grado di esprimere i propri sentimenti, oltre che di rispettare quelli degli altri; 
  • persone che riconoscono le proprie potenzialità e anche i loro limiti, che non sono terrorizzate dalla possibilità di commettere errori;

La sicurezza che dovremmo ricercare (oltre che in noi stessi) nelle persone con cui stringiamo rapporti interpersonali significativi, ha a che fare con tutti questi aspetti o, meglio ancora, potremmo dire che la sicurezza di cui parliamo oggi racchiude ognuno di questi punti, collocandoli all’interno di un contesto più ampio. 

Da dove ha origine la sicurezza?

La sensazione di sicurezza non è qualcosa con cui si nasce o non si nasce, è qualcosa che si costruisce a partire dalla nascita, dalle relazioni che instauriamo con le persone che si prendono cura di noi (caregiver), solitamente i nostri genitori. 

Quando siamo molto piccoli, il  nostro sistema nervoso non è ancora predisposto per regolare i nostri stati di attivazione e le nostre reazioni emotive. Se abbiamo freddo, fame, mal di pancia, siamo arrabbiati, tristi ecc. allora piangiamo, urliamo, contraiamo viso e corpo, ci agitiamo, insomma: protestiamo!
Sono le nostre figure di riferimento ad avere l’onere di ascoltare ed interpretare i nostri segnali, fornendoci una risposta calda ed affettuosa. Si parla in questi casi di sintonizzazione emotiva.
È all’interno di questi legami primari che possono venir gettate le prime e importanti fondamenta per il nostro senso di sicurezza e per la nostra autostima.


Un caregiver responsivo e amorevole, in grado di raffigurarsi i bisogni del proprio bimbo (mentalizzare) e di rispondervi in modo appropriato, veicola al bambino l’idea che i suoi bisogni sono importanti e legittimi; che nel mondo c’è qualcuno che si interessa a lui, qualcuno per cui lui ha valore. Ecco che il bambino comincia così a crearsi un’idea di sé come degno di amore. Costruisce, inoltre, un’immagine complementare dell’altro (ovvero delle persone con cui interagisce) come disponibile a fornire aiuto e supporto.

Queste credenze circa sé, gli altri e le relazioni vengono definiti da Bowlby (1989) modelli operativi interni. I modelli operativi interni sono quelle rappresentazioni che guidano, anche in età adulta, le relazioni interpersonali significative, andando ad influenzare le previsioni, le aspettative e, di conseguenza, i comportamenti di una persona all’interno dei rapporti.

Crescendo con figure di attaccamento responsive, si ha la possibilità di:

  • interiorizzare gradualmente un profondo senso di sicurezza interiore ed autonomia,
  • imparare a riconoscere e rispettare le proprie emozioni, riuscendo a regolarle in modo efficace
  • divenire in grado di prendersi cura di sé e degli altri

Un attaccamento sicuro durante l’infanzia si costituisce insomma come fattore protettivo rispetto alla possibilità di instaurare relazioni appaganti e sane in età successive.
In altre parole: se siamo stati amati saremo capaci di amarci e di amare. 

Attaccamento infantile come “prototipo” dell’attaccamento di coppia

Come già anticipato, all’interno delle relazioni più intime e significative sono i modelli operativi interni a guidarci, dunque i legami primari fungono da modello per le esperienze relazionali successive.


I modelli operativi interni, non solo influenzano le dinamiche che si instaureranno all’interno del rapporto di coppia, ma giocano un ruolo determinante anche nella scelta del partner (Attili, 2004; Young et al, 2007; Verardo, 2020). 

Cosa significa questo? 

Nel momento in cui scegliamo il partner, tenderemo a scegliere quelle persone che ci risuonano “familiari”, ovvero coloro che confermano l’immagine che abbiamo di noi stessi e degli altri. Questo perché ciò che conosciamo ci risulta sempre come più prevedibile, dunque più gestibile e meno allarmante. 

Legami di attaccamento infantili e legami di attaccamento in età adulta: le differenze

Abbiamo visto come nell’attaccamento di coppia vengano riattivati i modelli operativi interni formatisi durante l’infanzia. Eppure è bene tenere a mente come tra l’attaccamento adulto di coppia e l’attaccamento madre-bambino (o caregiver-bambino) vi siano delle importanti differenze:

  1. Reciprocità. Ogni partner dovrebbe essere sia in grado di porsi come base sicura per l’altro sia di far affidamento sull’altro, per questo motivo l’attaccamento di coppia viene definito orizzontale, mentre quello tra caregiver e bambino è detto verticale.  
  2. Sistema motivazionale sessuale. Soprattutto nelle fase iniziali della relazione di coppia, il sistema biologico della sessualità orienta i comportamenti verso la ricerca della vicinanza e del contatto fisico, favorendo anche il rafforzamento del legame di attaccamento tra i partner (per approfondire articolo: https://www.centrointerapia.it/pozioni-damore-le-fasi-psicologiche-e-biochimiche-della-coppia/)
  3. Vicinanza emotiva. In un legame di attaccamento adulto funzionale è necessario che i partner riescano a sentirsi sicuri non solo se l’altro è fisicamente presente. Mentre il bambino ha bisogno della vicinanza  fisica della mamma, un adulto ha la possibilità di interiorizzare la presenza dell’altro: ciò significa tenere nella propria mente l’altro anche quando non c’è, raggiungendo così un profondo senso di vicinanza emotiva. 

Sicurezza e relazioni di coppia

Arrivati a questo punto, dovrebbe essere già un po’ più chiaro il motivo per cui dovremmo tutti impegnarci ad essere partner sicuri, ma cerchiamo di chiarire ancor meglio l’impatto positivo della sicurezza sulle relazioni. 

L’aver sperimentato la sensazione di essere presente nella mente di una figura di riferimento responsiva, amorevole e supportiva permette di sviluppare fiducia in sé, negli altri e nelle relazioni.  Tutto ciò influisce inevitabilmente sulle dinamiche di coppia (Boon, Steele & Van der Hart, 2013; Verardo, 2020): 

  • Attivazione efficace del sistema motivazionale di accudimento. Un partner sicuro è in grado di riconoscere i segnali di difficoltà del compagno o della compagna, rispondendovi in modo sensibile e funzionale. 
  • Intimità. Le persone sicure sono in grado di scegliere chi meriti fiducia, aprendosi all’intimità senza timori.
  • Attivazione del sistema di attaccamento. Un partner sicuro è in grado di chiedere aiuto in modo adeguato, senza invadere lo spazio dell’altro e senza la paura di mostrarsi fragile e vulnerabile. 
  • Tolleranza delle rotture nella sintonizzazione. Le persone con attaccamento sicuro sono consapevoli del fatto che le relazioni sono caratterizzate da connessioni, disconnessioni e tentativi di riconnessione; pertanto non si scoraggiano né paiono terrorizzate di fronte ad eventuali rotture nella sintonizzazione. 
  • Regolazione emotiva e conflitti. Chi possiede un attaccamento sicuro è in grado di accogliere stati emotivi anche contrastanti all’interno della relazione e di riuscire ad affrontare in modo efficace i conflitti. 

Ma se qualcosa è andato storto? Se non abbiamo avuto la possibilità di instaurare un attaccamento sicuro duraturo durante i nostri primi anni di vita e l’adolescenza? 

I modelli operativi interni si formano all’interno delle nostre relazioni primarie e tendono ad auto-perpetuarsi, ciò non significa che siano immodificabili.


Il nostro modo di vivere la relazione e di comportarci al suo interno può essere modificato. A volte ciò avviene in modo naturale, all’interno di esperienze successive, in cui possiamo sperimentare amore incondizionato. In altri casi, potrebbe essere utile chiedere un aiuto mirato ed intraprendere un percorso di terapia che permetta di esplorare e riflettere sui propri modi di percepire le relazioni, se stessi e gli altri. 

Nei prossimi articoli andremo a vedere quali potrebbero essere le principali dinamiche relazionali quando le esperienze di vita non hanno favorito l’interiorizzazione di un senso di sicurezza.
Lo faremo però tenendo ben in mente una cosa: 

Non abbiamo scelto ciò che ci è accaduto, ma possiamo scegliere cosa fare delle nostre ferite. Un attaccamento insicuro durante l’infanzia non è nostra responsabilità, ma da adulti siamo invece responsabili delle scelte che facciamo per noi e possiamo sempre scegliere strade che ci portino a raggiungere quello che viene chiamato “attaccamento sicuro guadagnato”.

BIBLIOGRAFIA E FONTI

  • Attili, G. (2004). Attaccamento e amore. Cosa si nasconde dietro la scelta del partner? Bologna: Il Mulino.
  • Boon, S,; Steele, K.; Van Der Hart, O. (2013). La dissociazione traumatica comprenderla e affrontarla. Milano: Mimesis Edizioni
  • Bowlby, J. (1989). Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento. Milano: Raffaello Cortina Editore.
  • Van der Kolk, B. (2015). Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche. Milano: Raffaello Cortina Editore. 
  • Verardo, A.– Workshop (2020): “Il legame di attaccamento nelle relazioni sentimentali. Il protocollo EMDR nel trattamento della crisi di coppia”. Associazione EMDR Italia
  • Young, E.J., Klosko, J.S. & Weishaar, M.E. (2007). Schema Therapy. La terapia cognitivo-comportamentale integrata per i disturbi della personalità. Firenze: Eclipsi
  • Articolo Scritto dalla dott.ssa Verdiana Valagussa psicologa Psicoterapeuta
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