Ti capita di sentire il battito accelerato o sudi molto prima di un esame?
“Vivi male” i momenti di valutazione?
All’idea di affrontare una sessione di esame percepisci emozioni spiacevoli?

Se le tue risposte sono affermative stai provando ansia da prestazione.

Cos’è l’ansia da prestazione?

L’ansia da prestazione si può definire come una forte preoccupazione per una situazione futura in cui viene richiesta una nostra performance.  Il soggetto si prefigura esiti negativi in cui si potrà sentire di aver fallito, di essere inadeguato,  giudicato dall’altro,  etc.  (APA, 2014)

Quando tale emozione è intensa si sperimenta una sintomatologia fisica:

  • aumento del battito cardiaco;
  • tremori;
  • difficoltà respiratoria (fiato corto o iperventilazione);
  • aumento della tensione muscolare;
  • irrequietezza;
  • senso di nausea o dolori gastrointestinali;
  • alterazioni della temperatura (brividi di freddo o vampate di calore);
  • sensazione di “nodo allo stomaco”.

L’ansia da prestazione si sperimenta in numerosi ambiti, tra cui quello lavorativo, sociale, sessuale, sportivo e scolastico.

In particolare, durante il percorso universitario, numerose situazioni possono elicitare la paura di fallire nel momenti in cui viene richiesta la nostra performance: un intervento in aula, un esame, la presentazione di un progetto, un lavoro di gruppo o il confronto con un professore.

Inoltre, il passaggio all’università è un momento di cambiamento non solo del contesto ma anche della struttura scolastica e valutativa a cui si era abituati: cambia la struttura dell’insegnamento, le dinamiche sociali, le modalità di valutazione, il rapporto con il professore. Questo può far sorgere nello studente numerosi dubbi, pensieri e preoccupazioni.

Che relazione c’è tra pensieri ed emozioni?

Spesso si attribuisce il nostro stato emotivo direttamente all’emozione che stiamo esperendo. In realtà alla base vi sono una serie di rappresentazioni mentali, i pensieri, che determinano, mantengono e possono amplificare l’attivazione emotiva. Questi pensieri possono essere aspettative o credenze su di sè, ad esempio nel percorso universitario potrebbero essere: “devo mantenere lo stesso standard del liceo”, “devo riuscire bene”, “devo aver successo”, “devo rifarmi rispetto agli anni passati”, “è terribile se non non supero l’esame”,  ect.

Quando l’ansia diventa un problema?

L’ansia, come tutte le emozioni, ha una funzione e perciò non deve essere eliminata. Vi è una stretta relazione tra ansia e performance. L’emozione di ansia può esserci utile: la maggior attenzione e stato di vigilanza ci permette di essere prestanti nelle attività che svolgiamo.

Ad esempio, durante la preparazione di un esame, l’ansia ci permette di dedicare del tempo allo studio e ci permette di essere più concentrati.

Al contrario, se l’attivazione è molto bassa o molto alta, la nostra performance è compromessa. La preparazione di un esame per cui non abbiamo sperimentato ansia avverrà con minor dedizione e concentrazione ma – allo stesso modo- se la nostra agitazione  è molto alta non riusciremo a concentrarci e sperimenteremo la sensazione di black out.

Come facciamo a gestire l’ansia da prestazione?

Quando sperimentiamo un’emozione molto intensa mettiamo in atto diverse strategie: ad esempio nella preparazione ad un test, si può decidere di ripetere più volte la materia, di rimandare lo studio al giorno dopo, di andare a fare una passeggiata e molto altro.

Evitare, o procrastinare, è una strategia messa in atto per allontanarsi dalla situazione temuta, cioè eventi che suscitano emozioni negative quando si affrontano. Questa strategia fa sperimentare un immediato sollievo, tuttavia, se è troppo rigida, può risultare svantaggiosa: infatti, se rimando il momento dello studio, inizialmente mi sento meglio ma nel tempo potrei arrivare impreparato all’esame (Sassaroli et al., 2006).

Il trattamento cognitivo comportamentale risulta l’approccio più efficace nella cura dei disturbi d’ansia (Crawley S.A., 2008).

Tale approccio si pone l’obiettivo di valutare e disputare (rendere maggiormente razionali e flessibili) i pensieri disfunzionali sottostanti il disturbo e riconoscere e modificare i comportamenti di controllo ed evitamento che mantengono il disturbo (Beck, 1976; Wells, 1997).

Bibliografia

  • American Psychiatric Association, 2014, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – V Edizione”, R. Cortina Ed., Milano;
  • Sassaroli, S., Lorenzini, R., Ruggiero, G. M. (a cura di), 2006, Psicoterapia cognitiva dell’ansia. Rimuginio, controllo ed evitamento. Raffaello Cortina Editore, Milano;
  • Beck, A.T., 1976,  Cognitive therapy and emotional disorders, New York: Meridian. Trad. it. Principi di terapia cognitiva. Roma: Astrolabio, 1984;
  • Wells, A., 1997, Cognitive Therapy of Anxiety Disorders: A practice manual and conceptual guide, Chichester, UK: Wiley. Trad. it. Trattamento cognitivo dei disturbi d’ansia. Milano: Mc-Graw-Hill;
  • Andrews G. et al., 2003, Collana trattamento dei Disturbi d’ansia – Manuale per chi soffre del disturbo; Centro Scientifico Editore.

Contatta Il centro di Psicologia

Articolo scritto dalla dott.ssa Giada Sera psicologa e Psicoterapeuta presso la sede Saronnese dei centri Interapia, per chi volesse approfondire le tematiche relative all’ansia da prestazione in ambito universitario può contattare la segreteria del centro

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